La verità processuale arriverà, ora che le bugie, i depistaggi e le omissioni stanno venendo finalmente alla luce. Nel frattempo, almeno in parte, arrivano i mea culpa di quello Stato che aveva in custodia Stefano Cucchi e invece di proteggerlo lo ha fatto morire. "Io credo che in tanti dobbiamo chiedere scusa. Erano molti quelli che dovevano vedere e non hanno visto" dice il ministro della Difesa Elisabetta Trenta, emozionata davanti ai giornalisti, al termine di un incontro con Ilaria Cucchi che è durato quasi un'ora. "Grazie per avermi fatta sentire accolta dallo Stato dopo anni" risponde la sorella di Stefano in tarda serata dopo aver parlato nuovamente con il ministro in una lunga telefonata. All'incontro al ministero ha partecipato anche l'avvocato della famiglia Fabio Anselmo e il comandante generale dei Carabinieri Giovanni Nistri: e proprio con quest'ultimo ci sono stati alcuni momenti di freddezza; un confronto teso tra la stessa Ilaria e il generale soprattutto in relazione agli accertamenti che l'Arma sta conducendo sui militari coinvolti nella vicenda. E' stato questo il motivo che ha spinto Ilaria a non incontrare la stampa al termine dell'incontro.
"Chiedo scusa ai giornalisti - ha scritto su Facebook - che ci stavano aspettando ma non me la sono sentita di rilasciare dichiarazioni. Non era quella la sede per una una cittadina normale come me. La Ministra della Difesa Trenta è stata estremamente umana e gentile nei nostri confronti però visto come è andato l'incontro, non per responsabilità sua, non mi sentivo di dire nulla. Rispetto profondamente l'Arma dei Carabinieri ma vorrei che vi fosse uguale rispetto per il processo in corso per far luce sulla morte di mio fratello". Quando nove anni fa Stefano Cucchi entrò in una caserma dei Carabinieri e subì, stando a quando ha raccontato il vice brigadiere Francesco Tedesco accusando due suoi commilitoni, un pestaggio in piena regola, la Trenta non era ministro della Difesa. Ma oggi è lei, con il ministro dell'Interno, il responsabili politici dell'operato dei Carabinieri e, dunque, a lei spetta dare le risposte politiche. La prima l'ha già data, visto che è stato il primo ministro della Difesa a ricevere Ilaria. "Sono felice che che la signora Cucchi abbia accettato l'incontro, è' stato un bel momento".
Dal canto suo Ilaria, nella telefonata serale, ha ringraziato il ministro "per l'umanità e per l'incontro": "mi avevano detto che eri una persona stupenda e ho trovato conferma". Certo le risposte che la famiglia di Stefano chiede sono ben altre, al di là dell'individuazione dei responsabili materiali del pestaggio. Chi ha depistato le indagini? Fino a che livello nell'Arma sapevano? Chi ha manomesso atti ufficiali? "C'è una indagine in corso e non è mio compito scendere nei dettagli - ha risposto il ministro - Chi ha sbagliato pagherà ed è quello che vogliamo tutti". Però il titolare di via XX settembre non può sviare l'altra domanda. Ha chiesto scusa alla famiglia di Stefano? "In tanti dobbiamo chiedere scusa" perché "tanti sono quelli che non hanno visto. Io devo chiedere scusa come governo se c'è stata una parte delle istituzioni che non ha visto". Ma Trenta ha voluto sottolineare anche altri elementi emersi nel corso dell'incontro. "La sete di giustizia" della famiglia di Stefano, "che è lo stesso principio su cui si fonda l'Arma dei Carabinieri", e la "fiducia nello Stato" che "da parte mia, dell'Arma e della famiglia Cucchi non è mai venuta a mancare". E c'è un ulteriore concetto che sta a cuore al ministro e che in questa vicenda in cui lo Stato, comunque vada, ha perso. Il rispetto. Per il dolore della famiglia Cucchi, ovviamente, ma anche "per l'Arma e per tutti i Carabinieri che ogni giorno garantiscono la nostra sicurezza". E' per questo che ha insistito molto sul concetto di unità. "Quando c'è uno scollamento tra le istituzioni e la società civile c'è sempre una responsabilità della politica. Io credo fortemente nel dialogo e credo che la politica debba aver il compito di unire, non di dividere".
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