Il fenomeno dei rider, i fattorini su due ruote arruolati da società di food delivery per consegnare cibo a domicilio, è finito sotto i riflettori della Procura di Milano. Infatti è stata aperta una indagine, al momento conoscitiva, per far luce non solo sulla sicurezza stradale dei lavoratori-ciclisti, con tanto di monitoraggio degli incidenti, ma anche su eventuali violazioni delle norme igienico sanitarie. Inoltre si punta anche a individuare casi di sfruttamento, come il caporalato, e la presenza, già venuta a galla, di clandestini.
L'inchiesta, coordinata dal pm Maura Ripamonti e dal procuratore aggiunto Tiziana Siciliano, responsabile del dipartimento 'ambiente, sicurezza, salute, lavoro', è stata affidata alla squadra specializzata di polizia giudiziaria e alla Polizia Locale. Già ad agosto sono state raccolte alcune testimonianze e dai controlli a campione di 30 rider è emerso che tre, il 10 per cento, non avevano i documenti in regola. "E' una indagine doverosa, sotto il profilo della prevenzione e a tutela dei lavoratori - hanno spiegato pm e aggiunto -. Ci consente di esplorare questo fenomeno, di cui finora erano stati presi in considerazione solo i profili giuslavoristici e, quindi, contrattuali, che è ampio ed è in espansione ma senza controlli". Il fascicolo, al momento senza titolo di reato e indagati, ipotizza, però, presunte violazioni del decreto legislativo in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro da parte delle società che impiegano i rider: in genere non hanno alcuna dotazione prevista dalla normativa e, dunque, girano per le strade senza caschi, spesso con bici e freni non adatti, senza luci la sera, senza giubbotti catarifrangenti e scarpe adeguate.
In più, è partita un'attività di monitoraggio degli incidenti stradali che coinvolgono i rider, anche a tutela della collettività, poiché non di rado 'sfrecciano' contromano, sui marciapiedi e comunque senza rispettare le norme sulla circolazione. E pertanto, gli inquirenti potrebbero pure arrivare anche a contestare reati, per questo genere di incidenti, a carico dei datori di lavoro. Andrà valutata, insomma, la presunta responsabilità di coloro che si servono di questi eserciti di 'postini' in bicicletta in condizioni non idonee. A ciò si aggiunge il faro acceso sugli aspetti igienico-sanitari dei contenitori utilizzati per il trasporto del cibo, nei quali, ad esempio, vengono portati senza distinzione e in successione cibi freddi e caldi.
Ma l'inchiesta milanese vuole sondare anche un altro capitolo importante, quello sulle condizioni di lavoro dei rider. Lo scopo è appurare se ci siano forme di sfruttamento o caporalato. Queste ultime, tra l'altro, anche tra gli stessi ciclofattorini: alcuni di loro potrebbero cedere a persone sprovviste di documenti in regola gli strumenti per poter fare le consegne, come gli smartphone con l'applicazione necessaria a cui ha accesso solo chi è regolare, per poi ricevere in cambio una percentuale dell'incasso su ogni consegna. Su questo filone AssoDelivery, l'associazione delle imprese del food delivery, in una nota ha fatto sapere che "il caporalato e' un fenomeno di illegalità che le piattaforme intendono contrastare in ogni modo" e nei cui confronti è stata adottata "una politica di tolleranza zero".
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