Ci sono almeno altri cinque uomini appartenenti agli 007 egiziani su cui la Procura di Roma sta svolgendo accertamenti in relazione al rapimento di Giulio Regeni, il ricercatore italiano ucciso nel febbraio del 2016 al Cairo dopo essere stato torturato. Si tratta di cinque colleghi degli ufficiali già iscritti nel registro degli indagati dal pm Sergio Colaiocco il 4 dicembre del 2018. I nomi degli altri agenti della National Security spuntano dai tabulati telefonici forniti nei mesi scorsi dalle autorità egiziane.
Tra i dodici punti della rogatoria inviata nel maggio del 2019 dai magistrati di piazzale Clodio si fa riferimento agli altri cinque che avrebbero avuto un ruolo nella vicenda di Regeni. In particolare si chiedeva di "mettere a fuoco il ruolo di altri soggetti della National Security che risultano in stretti rapporti con gli attuali cinque indagati".
"Non sono aggiornato sull'incontro tra le due procure" sul caso Regeni - ha spiegato il premier Giuseppe Conte, interpellato dai cronisti sull'incontro di ieri tra le procure di Roma e del Cairo -: "ho letto qualche lancio di agenzia. Ovviamente da un incontro non è che ne deriva automaticamente un riposizionamento dell'Italia, è una questione che seguiamo con la massima attenzione, non rimaniamo affatto indifferenti, ora acquisirò anche maggiori informazioni. Non è che c'è un'automatica e biunivoca corrispondenza tra Procura della Repubblica e Palazzo Chigi, non sono nemmeno informato su quanto successo esattamente".
"Non credo che il ritiro dell'ambasciatore sia una soluzione, non l'ho mai creduto per un semplice motivo: l'ambasciatore è sostanzialmente il rappresentante del suo Paese in un altro Paese. Se si toglie l'ambasciatore di fatto si finisce di dialogare, ma a noi interessa dialogare perché dobbiamo avere la verità su Regeni": ha detto a Radio 24 il sottosegretario agli Esteri, Manlio Di Stefano. "Le pressioni si fanno in mille modi, non si fanno certamente togliendo l'ambasciatore", ha proseguito. E poi: "Ha un senso l'ambasciatore in un Paese, non è una pedina di ricatto".
Genitori: 'Flop il vertice tra i pm' - "E' stato un fallimento. L'Italia richiami l'ambasciatore in Egitto". Il commento dei genitori di Giulio Regeni sintetizza i risultati dell'incontro, il dodicesimo, tra i magistrati della procura di Roma e quelli egiziani che indagano sul sequestro ed omicidio del ricercatore italiano. Un incontro durato poco più di un'ora e svolto in videoconferenza per l'emergenza coronavirus. A leggere il comunicato diffuso al termine del vertice emerge che le autorità egiziane non hanno fornito alcun elemento nuovo o risposte alla rogatoria inviata da Roma nell'aprile del 2019 a cominciare dall'elezione di domicilio dei cinque indagati, tutti appartenenti ai servizi di sicurezza egiziana, e accusati dal pm Sergio Colaiocco del reato di sequestro di persona. "Forte delusione per l'esito dell'incontro tra le due procure. Esigiamo un cambio di passo. E soprattutto esigiamo rispetto per la famiglia Regeni. La Farnesina, dopo l'incontro di oggi, trarrà le sue valutazioni", si apprende da fonti della Farnesina.