La ripresa dei locali italiani dopo
la crisi dovuta alla pandemia ruota attorno alla birra. Che sia
chiara (56,2%) o artigianale (45,3%), la birra la fa da padrona
nel futuro dell'Ho.Re.Ca. Mentre il vino (bianco e rosso)
finisce al terzo posto (43,8%), cocktail e spirits al quarto
(42,7%), lo spumante al quinto (19,8%). E un ruolo sempre
crescente c'è per le birre low-alcohol e analcoliche (10,4%).
Lo rileva uno studio commissionato dall'Osservatorio Birra
all'Istituto Piepoli, che ha intervistato 200 gestori e
proprietari di ristoranti, pizzerie, bar, pub, hotel e locali
sondando attese e investimenti di un settore che conta oltre 300
mila pubblici esercizi. Lo studio, realizzato in collaborazione
con Partesa, la più grande azienda di distribuzione
food&beverage in Italia, mostra quanto il Covid abbia lasciato
il segno sul fuori casa.
Negli ultimi due anni, la metà dei locali (53,1%) ha avuto un
calo di fatturato e uno su cinque (22,9%) è stato costretto a
ridurre il personale. Il 60,4% dei locali, dopo la pandemia, ha
cambiato profondamente il business, rivedendo prezzi e offerta
(34,4%), aprendosi al delivery e all'asporto (21,9%),
immaginando menù con meno portate (19,8%) e ampliando le fasce
orarie di apertura, per intercettare nuove occasioni di consumo
(16,1%). Ma per andare avanti occorre investire: il 58,3% dei
locali, nonostante le difficoltà, sta facendo investimenti, in
media entro i 20 mila euro, per adeguarsi alle nuove esigenze.
Il settore che riparte ricomincerà a essere rilevante per i
giovani, come luogo di lavoro e destinazione professionale. Per
il 44% delle aziende ci sono già oggi richieste per i giovani.
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