In prossimità dal Pride di Bologna, la manifestazione per i diritti Lgbt+, fa discutere la decisione degli organizzatori, la rete Rivolta Pride, di escludere dalla partecipazione Polis Aperta, l'associazione che riunisce gli omosessuali che lavorano nella polizia e nelle forze armate.
A denunciare la situazione, come riporta il Resto del Carlino, è stata la stessa associazione Polis Aperta. "Ci è stato chiesto - scrivono - di non presentarci con i loghi e lo striscione dell'associazione, ma di partecipare in modo anonimo, quasi dovessimo nascondere chi siamo. Fin dalla nascita, l'associazione si è impegnata per il riconoscimento dei diritti civili, dalla legge Cirinnà al ddl Zan, per il riconoscimento degli alias alle persone in transizione e dell'omogenitorialità. Perché siamo consapevoli che solo tutelando le molteplici identità individuali della società si garantisce la difesa di quella democrazia che abbiamo deciso di rappresentare indossando una divisa. Le pratiche escludenti non ci appartengono, così come non ci appartiene il dileggio, la discriminazione, il pregiudizio che trasuda da certi toni. Questo odio non ci appartiene".
La replica. Rivolta Pride ha risposto ricordando come l'esperienza si richiama alla rivolta in risposta alla repressione di Stonewall. "Riconosciamo - replicano - che l'omolesbobitransafobia è presente in tutti i luoghi di lavoro, anche all'interno della polizia e delle forze dell'ordine. Anzi, spesso è proprio in questi settori che le discriminazioni trovano spazio, incentivate da un ambiente, quello delle caserme, intriso di machismo e maschilismo. Per questo, ci teniamo a chiarire che la nostra non è una presa di posizione contro Polis Aperta, ma di critica aperta alle forze dell'ordine come istituzione, e come luogo di riproduzione di violenza sessista, omolesbobitransfobica, abilista e razzista".
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