"Lo Stato sconfitto". Poche ore dopo la sentenza con cui i giudici dell'Assise di Cassino hanno assolto i cinque imputati coinvolti nell'indagine per l'omicidio di Serena Mollicone nel 2001, riparte più forte l'appello perché - così come successe nel caso Cucchi - qualcuno nell'Arma parli "affinché emerga la verità". Ad intervenire sulla vicenda è adesso anche la stessa Ilaria, la sorella di Stefano Cucchi, il detenuto morto nel 2009 dopo essere stato pestato da due carabinieri in una caserma a Roma - per la quale ora quello della giovane è "un altro nome che evoca giustizia. Anzi ingiustizia". E - dice ai familiari dopo che il suo nome e la sua tenacia sono stati invocati più volte sui social in queste ore - "a coloro che stanno cercando la verità sull'assassinio di Serena dico con tutto il cuore: non mollate mai e non smettete mai di credere nella giustizia anche se il prezzo che state pagando sarà altissimo, ma già lo sapete. Non so se augurarvi di fare la mia vita ma non si può dimenticare ciò che è stato fatto alla vostra bellissima ragazza. Siamo tutti condannati. Tutti noi". La richiesta incessante di verità arriva innanzitutto da Maria Tuzi, figlia di Santino, il carabiniere morto suicida sette anni dopo il delitto. In quei minuti di rabbia, subito dopo il verdetto dei giudici, la donna ha inseguito urlando il brigadiere Francesco Suprano, assolto dall'accusa di favoreggiamento, chiedendogli di dire la verità. Un appello che è diventato virale anche sui social. "E' una sconfitta anche per lo Stato italiano che ha nella giustizia una delle sue funzioni cardine, resta il turbamento perché a tanti anni dai tragici fatti lo Stato non è stato capace di farla", commenta a freddo l'avvocato Dario De Santis, legale di Guglielmo Mollicone, il padre di Serena morto nel 2020. Anche per questo il legale aggiunge: "la morte di Guglielmo gli ha risparmiato questa altra delusione ma non ci rassegneremo finché non ci sarà giustizia". Le motivazioni della sentenza dei giudici della Corte d'Assise di Cassino, che hanno assolto i cinque imputati coinvolti nell'inchiesta sulla morte di Serena, si conosceranno in autunno, intorno al 15 ottobre: i giudici si sono presi novanta giorni per il deposito delle motivazioni. Nel dispositivo letto ieri, dopo oltre nove ore di camera di consiglio, i giudici hanno fatto cadere le accuse per Marco Mottola, per il padre Franco, ex capo dei carabinieri di Arce e per la moglie Anna Maria, con la formula "per non avere commesso il fatto". I tre erano accusati di concorso in omicidio e i due genitori anche di occultamento di cadavere. Per gli altri due imputati, Vincenzo Quatrale, all'epoca vice maresciallo e accusato di concorso esterno in omicidio, e per l'appuntato dei carabinieri Francesco Suprano a cui era contestato il favoreggiamento, la formula di assoluzione è "perché il fatto non sussiste".
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