I familiari di Emanuela Orlandi presenteranno già domani in Vaticano un'istanza per incontrare il promotore di giustizia Alessandro Diddi - che ieri ha annunciato la riapertura delle indagini sul caso della quindicenne figlia di un commesso pontificio misteriosamente scomparsa il 22 giugno 1983 - e per essere messi al corrente su che strada si intende percorrere con l'avvio di questo nuovo fascicolo. "Nonostante il tam tam mediatico, io come rappresentante legale della famiglia Orlandi non ho ancora ricevuto alcuna comunicazione formale dal Vaticano", dice all'ANSA l'avvocato Laura Sgrò, aggiungendo: "Proprio per questo ho preparato una istanza formale che presenterò domani in cui chiedo informazioni dettagliate sull'apertura di queste indagini e un incontro con il promotore di giustizia per avere uno scambio quanto prima".
L'iniziativa della magistratura d'Oltretevere, a quasi 40 anni dalla scomparsa di Emanuela Orlandi nel centro di Roma, ha colto di sorpresa anche la famiglia, anche se sarebbe dettata proprio dalle sue numerose istanze affinché si aprisse un'indagine in Vaticano. Lo stesso portavoce della Santa Sede, Matteo Bruni, ha spiegato che la decisione del promotore di giustizia Diddi è stata adottata "anche sulla base delle richieste fatte dalla famiglia in varie sedi". E se questo è avvenuto "su impulso di Papa Francesco, ben venga", ha subito rilevato il fratello di Emanuela, Pietro, instancabile sostenitore del fatto che in Vaticano c'è chi conosce la verità su questo che rimane uno dei grandi misteri italiani.
La nuova inchiesta, "se fatta veramente con la volontà e l'onestà di fare chiarezza una volta per tutte e dare finalmente giustizia ad Emanuela, potrebbe durare pochissimo - scrive su Facebook -. Non sarebbe necessario fare lunghissime indagini perché la Verità già la conoscono, basta raccontarla. Altrimenti spero mi convochino prima possibile per poter verbalizzare". "Comunque non posso non essere contento e come sempre, voglio vedere il bicchiere mezzo pieno e pensare positivo", aggiunge, dando appuntamento al sit-in convocato per sabato alle 16.30 a Castel Sant'Angelo, "per ricordare Emanuela e che noi non cederemo mai di un passo fino alla verità".
Bisognerà vedere ora quali accertamenti condurranno gli inquirenti vaticani, magistrati e Gendarmeria, oltre a riaprire documenti dell'epoca, quali ulteriori verifiche, se soprattutto saranno acquisite nuove testimonianze di "persone informate dei fatti" alla ricerca di nuovi indizi, ed eventualmente prove, su quanto accaduto. Ipotizzabili anche rogatorie con l'Italia sugli atti dell'inchiesta della Procura romana, che comunque, va ricordato, fu archiviata nell'ottobre 2015 su richiesta dell'allora procuratore capo Giuseppe Pignatone, attuale presidente del tribunale vaticano.
Proprio il predecessore di Pignatone alla procura di Roma, Giancarlo Capaldo, per un certo tempo titolare delle indagini sul caso Orlandi, sottolinea che "finora il Vaticano aveva sempre negato di aver svolto indagini sulla vicenda di Emanuela e di avere competenza e interesse a svolgerne, essendo il fatto accaduto in territorio italiano. Da parte mia non posso che essere felice di questo interesse del Vaticano". Capaldo parla d'una "vicenda che ha implicazioni molto profonde", con "delle reazioni di coloro che non vogliono che si trovi la verità". E anche di "una serie numerosa di depistaggi messi in opera anche con consapevolezza al fine di distrarre l'attenzione dagli sforzi dei giudici e della polizia per rintracciare la verità". E mentre a livello politico c'è chi torna alla carica per l'istituzione di una commissione parlamentare d'inchiesta, il senatore e leader del Terzo Polo, Carlo Calenda, trova "molto positivo e responsabile da parte del Vaticano di aver deciso finalmente - e spero definitivamente - di chiarire il proprio ruolo nella vicenda Orlandi". "E' del tutto evidente che il Vaticano sa se Emanuela Orlandi è viva o morta. E, se è morta, dov'è sepolta e cosa le è successo - dice all'ANSA -. Questa storia va chiarita. Lo deve fare il Vaticano ma lo deve fare anche, con coraggio, la magistratura italiana riaprendo un'inchiesta, chiusa da Pignatone".