L'inchiesta sul Covid nella Bergamasca, avviata dalla Procura nell'aprile 2020, è nata in seguito alle presunte anomalie nella gestione dei pazienti all'ospedale di Alzano Lombardo, dopo la scoperta dei primi casi positivi al Coronavirus, e per accertare se la mancata istituzione della zona rossa sia stato uno dei fattori che ha contribuito alla diffusione del virus.
Coordinata dal procuratore aggiunto Cristina Rota, affiancata da altri due giovani pm, Silvia Marchina e Paolo Mandurino, e sotto la supervisione del Procuratore Antonio Chiappani, le indagini sono state portate avanti per via dei dati delle vittime che si moltiplicavano di giorno in giorno. Nel marzo di tre anni fa, solo come esempio, a Bergamo e provincia i morti registrati erano stati quasi 5.200 in più della media mensile degli anni precedenti che si aggirava attorno agli 800 casi. Era una vera e propria ecatombe a cui si è cercato di dare una riposta. Una strage che si è consumata anche dentro le Rsa, dove in due mesi sono stati registrati circa 1300 morti contro una media precedente di 600.
Tra i primi indagati per epidemia colposa ci furono l'ex dg del Welfare lombardo Luigi Cajazzo, l'allora suo vice Marco Salmoiraghi, la dirigente Aida Andreassi, oltre a Francesco Locati e Roberto Cosentina, il primo dg e il secondo ormai ex direttore sanitario dell'Asst Bergamo Est, questi ultimi due anche per falso. A fare salire di livello l'inchiesta, dopo una serie di audizioni a Roma, tra cui quelle dell'ex premier Giuseppe Conte, dell'ex ministro della Salute Roberto Speranza e dei tecnici del ministero e del Cts, sono stati gli accertamenti che hanno riguardato proprio la mancata istituzione di una zona rossa nei comuni di Nembro e Alzano Lombardo. E la scoperta che il piano pandemico era del 2006, mai era stato aggiornato e nemmeno, nonostante fosse datato, applicato malgrado le raccomandazioni dell'Oms. E poi le molte acquisizioni di documenti, circolari, chat estrapolate dai cellulari ed email tra cui una in cui, il 28 febbraio 2020, la Regione chiedeva al presidente del Consiglio di mantenere la più blanda zona gialla anche per la settimana dal 2 all'8 marzo, nonostante la situazione fosse molto critica.
Riguardo al piano pandemico mai aggiornato né attuato, nelle pieghe dell'inchiesta è venuto a galla pure uno scontro tra il ricercatore dell'Oms Francesco Zambon e l'allora direttore vicario dell'organismo Ranieri Guerra, che è finito indagato per false dichiarazioni ai pm. Infine, a portare ad allargare l'indagine a Conte, Speranza, al Governatore lombardo Fontana, all'ex assessore Gallera e ai molti tecnici, si è aggiunta la maxi consulenza di Andrea Crisanti, microbiologo dell'Università di Padova. Consulenza che ha confermato, attraverso una serie di dati, che le omissioni su cui la Procura stava lavorando sono state una sorta di acceleratore nella diffusione del virus che, quando fu diagnosticato il caso del Paziente 1, già circolava e aveva infettato un centinaio di persone nella Bergamasca.