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Tina, prima nigeriana a guidare il furgone anticaporalato

LA STORIA

Tina, prima nigeriana a guidare il furgone anticaporalato

È la prima volta. La 34enne lavora in un'azienda del Casertano, salvata da Nocap e Caritas. Ora si racconta: 'Ero sfruttata, ora sono qui'

CASERTA, 31 maggio 2023, 18:52

di Antonio Pisani

ANSACheck

Tina, la prima donna nigeriana a guidare un furgone anti caporalato - RIPRODUZIONE RISERVATA

Tina, la prima donna nigeriana a guidare un furgone anti caporalato - RIPRODUZIONE RISERVATA
Tina, la prima donna nigeriana a guidare un furgone anti caporalato - RIPRODUZIONE RISERVATA

È la prima donna a guidare un furgone che sfida i caporali in una terra, la provincia di Caserta, dove il caporalato gestisce i traffici di tanti lavoratori, soprattutto braccianti agricoli. Tina Agbonyinma, 34enne nigeriana, è stata assunta due mesi fa da Montella Bio, azienda attiva nella produzione e nella vendita, soprattutto all'estero, di fragole e altri prodotti agricoli. La ditta si trova a Frignano, in un'area del Casertano nota per il fenomeno del lavoro nero e situata a pochi chilometri da Villa Literno, nelle cui campagne, dopo l'omicidio di Jerry Essan Masslo del 1989, sono iniziate le lotte dei braccianti stranieri, soprattutto africani, per il riconoscimento dei propri diritti.

Ascolta "Io nigeriana autista del furgone anti caporali" su Spreaker.  


    Arrivata a Napoli nel 2008, a 19 anni, con un'aereo proveniente dalla Nigeria, sfruttata per anni nel settore tessile e agricolo, vittima di contratti falsi o capestro con orari di lavoro impossibili e retribuzioni da fame, Tina, madre single di due figli di 6 e 4 anni - Victoria e Joshua - ha lottato tanto ma ce l'ha fatta in una terra in cui spesso i nigeriani sono associati ai business criminali che si consumano soprattutto a Castel Volturno, tra droga e prostituzione. "Non ho mai voluto quei soldi facili e sporchi, né ho mai voluto buttare la vita per strada, perché la vita va vissuta con dignità. Ho sempre lavorato onestamente, e spero che tanti connazionali seguano il mio esempio", dice Tina, che oltre all'orgoglio di resistere al miraggio del guadagno semplice, ha sempre tenuto presente un'altra parola chiave, l'indipendenza.
Per questo si è sempre spostata in auto, anche quando negli anni passati andava ad Angri (Salerno) a lavorare in un'industria conserviera per 15 ore e poche centinaia di euro.
Poi, poco tempo fa, la svolta. Tina è stata assunta ad aprile con cinque connazionali - quattro donne e un uomo - grazie al progetto dell'associazione Nocap di Yvan Sagnet, originario del Camerun, anima della lotta al caporalato ed ex bracciante che nel 2011 diede vita a Nardò ad uno sciopero che portò a far conoscere a livello europeo il fenomeno del caporalato.
    Determinante anche il lavoro della Caritas di Aversa, che ha individuato Tina tra tanti stranieri con un passato di sfruttamento.
    "Il caporalato - dice Sagnet - si combatte grazie ad una rete di aziende, come la nostra, che operano nella legalità e associazioni attive nell'assistenza dei più bisognosi. Il progetto ha l'obiettivo di coinvolgere anche i cittadini in un consumo etico, in cui vengano acquisiti prodotti realizzati in terreni e aziende dove non ci sono caporali. Questi prodotti, con il bollino Nocap, vengono poi acquisiti dalla Coop, che sostiene dunque le aziende virtuose". "Sono tanti gli stranieri bisognosi - dice Roger della Caritas di Aversa - ma Tina è stato facile sceglierla, visto il suo entusiasmo e la grande voglia di mettersi all'opera".
    Ogni mattina Tina, che risiede a San Marcellino (Caserta), si alza alle 5, prepara la colazione ai bimbi, li porta alla baby-sitter e poi va in auto in azienda, dove prende il furgone e va alla stazione di Aversa. Qui arrivano da comuni anche dell'hinterland napoletano i cinque connazionali e colleghi di lavoro - quattro donne, Philomina, Edwin, Tina, Happy, e l'unico uomo Joy Ogala - che salgono sul furgone e poi, tutti insieme, vanno a Frignano.
    "In azienda c'è tanta umanità - racconta Tina quasi con le lacrime agli occhi - il titolare, Michele (Montella, ndr), mi offre spesso il caffè quando arrivo, cosa che non mi era mai capitata. Il lavoro inizia alle 7, nelle scorse settimane abbiamo raccolto fragole e ora imbustiamo le patate; faccio le mie ore e nel primo pomeriggio sono dai miei figli, e quasi non mi sembra vero. Mi sento finalmente integrata; tanti miei amici nigeriani quasi non ci credono alla mia storia, sono pessimisti eppure vedono anche tanti giovani che però cercano di fare una vita diversa, cogliendo magari le opportunità dei social media".

   

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