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La mafia e il reato di concorso esterno

La mafia e il reato di concorso esterno

Varie le pronunce della Cassazione, ha colpito nomi eccellenti

19 luglio 2023, 14:24

di Enzo Quaratino

ANSACheck

Foto di archivio - RIPRODUZIONE RISERVATA

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Foto di archivio - RIPRODUZIONE RISERVATA

Il reato di concorso esterno in associazione mafiosa ha sfiorato o colpito negli anni imputati eccellenti, da Andreotti a Mannino, da Cuffaro a Dell'Utri. E ha determinato anche nel 2015 una censura all'Italia da parte della Corte europea dei diritti umani per una condanna a dieci anni (revocata due anni dopo) inflitta a Bruno Contrada, ex funzionario dei servizi segreti.

Il concorso esterno in associazione mafiosa si realizza quando una persona, senza essere stabilmente inserita nella struttura di un'organizzazione mafiosa, svolge un'attività, anche di semplice intermediazione, che consiste in un contributo per le finalità dell'organizzazione stessa. Non espressamente previsto come delitto autonomo dal codice penale, ma qualificato come combinato tra il "concorso" previsto dall'art.110 e l'"associazione mafiosa" prevista dall'art. 416 bis, è stato oggetto di varie pronunce giurisprudenziali, dal momento che da più parti ne era stata esclusa in un primo momento la configurabilità.

La controversia è stata poi oggetto di una pronuncia dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione. La Corte Suprema ha stabilito che il concorso esterno nel delitto associativo riguarda "quei soggetti che, sebbene non facciano parte del sodalizio criminoso, forniscano, sia pure mediante un solo intervento, un contributo all'ente delittuoso tale da consentire all'associazione di mantenersi in vita, anche limitatamente a un determinato settore, onde poter conseguire i propri scopi" (Cass. Sezioni Unite Penali, 5 ottobre 1994). E', pertanto, necessario non solo che il "concorrente esterno" abbia tenuto una condotta chiaramente espressiva della sua disponibilità a partecipare all'associazione, ma anche che abbia agito con la coscienza e la volontà di concorrere alla realizzazione del particolare programma delinquenziale. Se mancano queste condizioni - è stato stabilito - le attività di semplice supporto, agevolazione, fiancheggiamento, compartecipazioni nei singoli reati non possono ritenersi un concorso esterno all'associazione, ma devono essere diversamente qualificate dal punto di vista penale (prevalentemente come favoreggiamento).

Successivamente, con un'altra sentenza del 2005 (sentenza Mannino), le sezioni unite penali della Cassazione hanno affrontato nuovamente il tema, rimarcando la differenza tra "partecipazione ad associazione mafiosa" e "concorso esterno in associazione mafiosa". Si definisce "partecipe" - hanno specificato i giudici - colui che risulta inserito stabilmente e organicamente nella struttura organizzativa dell'associazione mafiosa, "da intendersi non in senso statico, come mera acquisizione di uno status, bensì in senso dinamico e funzionalistico". Si ha, invece, concorso esterno in associazione mafiosa quando un soggetto, non inserito stabilmente nella struttura organizzativa del sodalizio e "privo dell'affectio societatis", fornisce all'associazione mafiosa "un concreto, specifico, consapevole, volontario contributo che si configura come condizione necessaria per la conservazione o il rafforzamento delle capacita' operative dell'associazione".

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