"Esprimo vicinanza a padre Piero
Galvano e alla comunità parrocchiale di San Pio da Pietrelcina
in questo momento in cui i locali della parrocchia sono stati
oggetto di ripetuti atti di vandalismo. Una delle modalità a cui
i cittadini ricorrono per dissuadere da certi comportamenti è
l'istallazione di telecamere, che hanno il loro costo". Lo
afferma l'arcivescovo di Catania, Luigi Renna, sul furto subito
della chiesa del rione di San Giorgio. Il parroco, padre
Galvano, in una lettera al quotidiano La Sicilia, ha contestato
la decisione della Procura di chiedere l'archiviazione
dell'inchiesta sul furto.
L''arcivescovo auspica che "questo mezzo utilizzato da
privati e da comunità, possa essere messo a disposizione per
interventi atti non solo a prevenire, ma anche ad attenzionare
chi si macchia di quei reati che a lungo andare minano la
qualità della vita dei cittadini e diseducano soprattutto i più
giovani, che rischiano di avere la convinzione che certi
comportamenti non sono puniti".
Nella missiva a La Sicilia il parroco spiega il perché
della sua iniziativa: "I nostri 'fratelli' ladri, nell'arco di
alcuni mesi, per la seconda volta hanno rubato le telecamere di
sorveglianza della parrocchia e, nonostante io abbia denunciato
i furti e consegnato alle forze dell'ordine i video in cui si
possono bene identificare i nostri 'fratelli', il pubblico
ministero propone di archiviare il 'fatto', eccetto che si
faccia opposizione con richiesta motivata di prosecuzione delle
indagini preliminari". "Mi chiedo - prosegue - quale messaggio
passa, così facendo. Penso il seguente: 'Cari ladri, continuate
a rubare! State tranquilli che non riceverete nessuna pena per
quello che avete fatto"". Il parroco afferma che "non pretendo
dalla legge che per furti simili si vada a finire in carcere",
ma, osserva che "non è pedagogico, né educativo, che non si
intervenga in qualche modo, fosse anche con il provvedimento
della messa alla prova: percorsi risocializzanti o riparatori di
pubblica utilità" Come i genitori, rilevato padre Galvano, "lo
Stato non può e non deve chiudere gli occhi dinanzi a certi
"errori", soprattutto se reiterati, per prevenire ulteriori e
più pericolose delinquenze sociali".
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