Un kit completo per uccidere, fatto passare per una 'lista della spesa', cose - nastro adesivo, coltelli, sacchi neri di nylon - messe in macchina "per ogni evenienza". Filippo Turetta ha cercato di allontanare da sé l'immagine di autore dello "spietato piano criminoso" del femminicidio, preordinato, di Giulia Cecchettin provando a mettersi le vesti di quello che "mai avrebbe voluto farle del male". E sostenendo che aveva nella Fiat Punto due lame da cucina perché aveva avuto "pensieri suicidi". Mentre lo scotch telato, con cui ha tentato di tappare la bocca all'ex fidanzata - cercato on line pochi giorni prima assieme a manette, cordame, badile, sacchi neri - si spiegava con il fatto che intendeva utilizzarlo "per la festa di laurea di Giulia, per attaccare il papiro, i volantini e le fotografie mie".
Due elementi che invece, secondo la Procura di Venezia, vanno a supporto della premeditazione dell'omicidio della studentessa di Vigonovo. Ma che ora, lette le carte del lungo interrogatorio di Turetta nel carcere di Verona del primo dicembre 2023, davanti al pm Andrea Petroni, diventeranno il terreno sul quale la difesa di Filippo, gli avvocati Giovanni Caruso e Monica Cornaviera, dovranno cercare di dimostrare che, invece, l'ex studente non aveva pianificato il delitto. Sei ore di interrogatorio, condensato in un verbale di una decine di pagine, nelle quali Turetta ha ricostruito i due anni nei quali lui e Giulia sono stati insieme, la gelosia soffocante, i tentativi di starle sempre vicino, anche sui banchi dell'università, controllandola quando era con le amiche, grazie un'applicazione spia messa sul suo telefonino. E poi il racconto della tragedia, iniziata sabato 10 novembre, pomeriggio, con la cena consumata nel centro commerciale 'Nave de Vero', il litigio e l'agguato in macchina, vicino a casa di lei. Con l'aggressione finale, terminata con 75 fendenti.
"Erano coltelli da cucina presi da casa mia - ha risposto Turetta al pm - durante quella settimana, qualche giorno prima, mercoledì, o giovedì. Li avevo messi in macchina perchè avevo avuto pensieri suicidi; li temevo lì per usarli, qualora avessi voluto attuare i miei propositi. I miei amici sapevano che tenevo molte cose in macchina, ma non credo sapessero dei coltelli". Filippo ha invece riconosciuto con certezza lo scotch, quello acquistato "per attaccare il papiro di laurea", quando gli è stato mostrata la foto del pezzo di nastro adesivo, con tracce di capelli e di sangue di Giulia, recuperato dai Carabinieri la mattina dopo il massacro nella zona industriale di Fossò. E qui il pm ha evidenziato una presunta contraddizione nel racconto: "Questo scotch ha detto doveva essere utilizzato durante la laurea, dopo la discussione della laurea, una settimana dopo, giovedì". Risposta affermativa di Turetta. Replica del pm: "bene, e allora che ci faceva di sabato lo scotch nel suo zaino, dentro la macchina?". In un altro momento dell'interrogatorio, la contestazione del pm ha riguardato gli "istinti suicidi" di cui Turetta si era detto perseguitato durante la fuga. Anche nei momenti in cui, a Barcis, occultava il corpo martoriato della ragazza.
Due cose, l'idea di uccidersi, e contemporaneamente nascondere il cadavere per non farlo trovare, che secondo il magistrato "non viaggiano su binari paralleli. Se uno si vuole suicidare, liberarsi del corpo sarebbe apparentemente l'ultimo dei problemi". Turetta ha quindi spiegato di essersi disfatto del cellulare di Giulia, un Samsung, subito dopo aver lasciato la zona industriale di Fossò, sabato notte, buttandolo in un fossato a bordo strada assieme al coltello dell'omicidio e al suo tablet. E ha detto il motivo per il quale, sempre a Fossò, la Fiat Punto è stata ripresa dalle telecamere della zona industriale ferma in mezzo alla strada, per 2-3 minuti: "Non riuscivo a trovare il suo cellulare", ha spiegato. Il telefonino era rimasto nella borsetta della ragazza, nel sedile anteriore, e anche per questo, forse, Giulia, gravemente ferita, nello spazio posteriore dell'auto, non sarebbe riuscita ad impossessarsene.
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