Ernest Dan Azobor è fuggito dalla
Nigeria, dov'era perseguitato, e dopo pochi mesi dal suo arrivo
in Italia è stato arrestato. Una persona con cui aveva una
relazione lo ha accusato ingiustamente di furto. In tasca, poi,
le forze dell'ordine gli hanno trovato documenti falsi.
Abbastanza perché per lui si aprissero le porte del carcere di
Forlì, dov'è stato detenuto per sei mesi. "Sono stati mesi
difficilissimi, in quel periodo ho anche subito abusi. È un
ricordo con il quale sto ancora cercando di fare i conti, ma non
è facile", racconta, partecipando alla maratona contro i suicidi
in carcere organizzata dalla Camera Penale di Bologna in piazza
Galvani, alla quale hanno partecipato tra gli altri anche il
presidente della Cei, cardinale Matteo Zuppi, il sindaco Matteo
Lepore, l'attore Alessandro Bergonzoni.
Nel periodo trascorso in prigione, Ernest ha anche cercato di
togliersi la vita. Poi grazie all'incontro con l'avvocato Luca
Sebastiani, è iniziato il percorso che lo ha condotto alla piena
assoluzione e alla libertà. La sua storia, raccontata anche da
Daria Bignardi nel libro 'Ogni prigione è un'isola' edito da
Mondadori, parla anche di rinascita. Ernest, che in Nigeria
aveva già conseguito una laurea in Comunicazione, è riuscito a
laurearsi anche all'Università di Siena. "Quando sono uscito dal
carcere c'era il Covid - racconta - ma mi sono laureato e adesso
ho anche scritto un libro, dal titolo 'Pariah' (per il momento
solo in versione ebook, ndr.) che racconta dell'Africa" .
"È una vicenda che merita essere raccontata e ringrazio
Ernest per aver trovato il coraggio e la forza di farlo -
aggiunge l'avvocato Luca Sebastiani - La sua testimonianza però
è importante, soprattutto in una giornata come questa: in
carcere si muore e di carcere si muore, come purtroppo i dati ci
dimostrano e non possiamo più fare finta di niente".
Riproduzione riservata © Copyright ANSA