Renato Vallanzasca deve poter
uscire dal carcere, date le sue condizioni di salute, e andare
in regime di detenzione domiciliare in una struttura di cura,
che è già stata individuata. Lo hanno chiesto i suoi difensori,
gli avvocati Corrado Limentani e Paolo Muzzi, che hanno
depositato un'istanza al Tribunale di Sorveglianza di Milano.
Tribunale che, tra l'altro, il 20 giugno scorso ha concesso al
74enne, ex boss della Comasina, di tornare ad usufruire di
permessi premio di dodici ore da trascorrere in una comunità
terapeutica.
L'udienza, davanti al collegio della Sorveglianza che dovrà
decidere se mandare o meno Vallanzasca, che è stato più di 50
anni in carcere e con "fine pena mai", in una casa di cura, non
è ancora stata fissata e potrebbe tenersi a settembre. L'istanza
presentata è di "differimento pena con detenzione domiciliare"
in una struttura di cura, che la difesa ha individuato.
In una relazione acquisita dai legali nelle scorse settimane,
l'equipe di medici del carcere milanese di Bollate, dove è
detenuto l'ex protagonista della mala milanese degli anni '70 e
'80, era stato spiegato che l'ambiente "carcerario" è "carente
nel fornire" le cure e gli "stimoli cognitivi" di cui ha bisogno
Vallanzasca, che soffre di un decadimento mentale. Per questo,
secondo i medici, andrebbe trasferito in un "ambito residenziale
protetto", in un "luogo di cura esterno", data la sua
"patologia".
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