Torna la polemica sul taglio di 250 milioni a Province e Comuni italiani. La ripartizione della sforbiciata, che incide in misura maggiore su quegli enti locali che hanno ottenuto più fondi del Pnrr, a fine giugno è arrivata sul tavolo della conferenza Stato-Città, incassando l'intesa da parte dell'Upi ma non dell'Anci. Che, per voce del responsabile Finanza locale Alessandro Canelli, rivendica di esser riuscita ad "attenuare fortemente l'impostazione" iniziale, ma continua a chiedere di "ridurre il contributo nella prossima legge di bilancio e rivederne i criteri.
Se il Pd parte all'attacco, fonti di governo rimarcano che "la spesa sociale è esclusa dai tagli". Una delle novità sostanziali rispetto alla versione originaria del riparto, infatti, è che dalla base di calcolo dei contributi finanziati con il Pnrr verranno escluse le spese per gli asili nido, istanza richiesta dalle associazioni di Province e Comuni.
Dopo la levata di scudi degli enti locali registrata nella prima riunione tecnica (del 23 maggio) della Conferenza Stato-Città, dall'esecutivo era filtrato che ci sarebbe stato un confronto sui criteri dei tagli, per trovare un punto di caduta tra le richieste delle città più grandi e quelle dei centri più piccoli, che in media hanno beneficiato meno del Pnrr. E qualcosa, in effetti, nell'ultima versione è cambiato: dalla base del riparto - stando ad altre indiscrezioni - sarebbero stati esclusi i fondi destinati al supporto sociale e quelli relativi a specifiche missioni: oltre che gli asili, anche 'l'attrattività dei borghi". Non solo: da Genova arriva l'annuncio di un accordo previsto per 13 Comuni" che hanno una determinata consistenza del disavanzo oppure in equilibrio economico ma con un debito pro capite sopra i mille euro (come Venezia o, appunto Genova). Per quanto riguarda il capoluogo ligure, l'intesa "trasferisce 25 milioni di euro all'anno fino al 2032" e "riduce gli impatti del taglio generale che abbiamo subito", afferma il vicesindaco Pietro Piciocchi.
Nel resoconto politico della conferenza Stato-Città del 27 giugno, l'Anci mette agli atti di aver apprezzato "i miglioramenti dello schema di taglio" ma non dà il via libera all'intesa perché lo "comunque", si "taglia di più agli enti che sono più impegnati sul fronte degli investimenti, elemento anomalo e non condivisibile per evidenti motivi di ragionevolezza".
Dal governo evidenziano che il taglio quinquennale di 250 milioni ai Comuni era stato deciso sette mesi fa con la legge di bilancio. E che il no dell'associazione nazionale Comuni è stata "una questione formale" in quanto la stessa sigla lo avrebbe approvato tecnicamente (un giorno prima, il 26 giugno). Ma nulla basta a fermare le critiche.
"Il governo conferma il taglio quinquennale a migliaia di Comuni, penalizzando quelli che hanno preso più fondi Pnrr. Avevano congelato tutto solo per evitare contraccolpi alle elezioni", punta il dito il capogruppo dem in commissione Bilancio a Montecitorio, Ubaldo Pagano. "Anziché aiutare i Comuni, il governo sceglie di fermarli e di punirli con i tagli previsti in legge di bilancio. È un grave errore per il paese al quale occorre porre rimedio", gli fa eco l'omologa a Palazzo Senatorio Daniele Manca.
Intervengono in maniera molto critica anche diversi sindaci: da Verona a Catanzaro, da Bari a Cagliari. "La contraddizione del governo è evidente: mentre propagandano l'autonomia differenziata tagliano le risorse ben 250 milioni degli enti più prossimi ai cittadini", afferma Damiano Tommasi (Verona). Da Cagliari, invece, Massimo Zedda lancia l'allarme: "Ogni Comune dovrà capire su quali sevizi essenziali operare i tagli. Due milioni in meno per il Comune di Cagliari significa non poter chiudere i bilanci". Per Sergio Giordani (Padova) "questi pesanti tagli sono inaccettabili", "significa scaricare tutto sulle persone". "Bari dovrà rinunciare a 8,5 milioni lordi e 6,8 netti, significa bloccare la crescita di una città", l'accusa di Vito Leccese (Bari).
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