Mancano ancora due giudizi in Cassazione per chiudere definitivamente la storia giudiziaria sulla strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980, la più grave del dopoguerra, ma con la conferma dell'ergastolo in appello a Paolo Bellini, arrivata meno di un mese fa, l'8 luglio, i nuovi processi sull'attentato hanno delineato il contesto e fatto nuova luce, a decenni di distanza, sui responsabili di quell'attentato. Confermando la matrice neofascista e allargando lo sguardo.
È proprio il coinvolgimento del "criminale conclamato" Bellini con gli ambienti neofascisti che viene contestato dal deputato di Fdi Federico Mollicone, che ha parlato di un "teorema" dei giudici riguardo alla matrice neofascista dell'attentato, chiedendo invece di trovare la "verità storica per tutti gli italiani", con le prove che lui stesso ha detto di avere. Ma la verità processuale ha ora molti più punti fermi rispetto a qualche anno fa. Gli autori sono i terroristi dei Nar, Giusva Fioravanti, Francesca Mambro, Luigi Ciavardini, condannati in via definitiva da anni: gli 'sposini neri' dal 1995, Ciavardini dal 2007. A loro si è aggiunto un altro Nar, Gilberto Cavallini, che avrebbe quanto meno fornito supporto logistico. E poi Paolo Bellini, l'ex primula nera di Avanguardia Nazionale, il ladro di opere d'arte e killer di 'ndrangheta. Secondo le indagini Bellini era il quinto uomo, presente in stazione. Cavallini e Bellini sono stati condannati in secondo grado, in due diversi filoni: il primo ha già fatto ricorso alla Cassazione, il secondo per farlo attenderà le motivazioni dell'ultima sentenza. Tutti e cinque si sono sempre detti innocenti.
L'importanza del processo Bellini sta anche nella valutazione della complicità di altri esponenti della galassia della destra eversiva e nell'aver sancito che l'ideazione sarebbe stata della P2 con l'aiuto dei servizi deviati. Ma i protagonisti del 'secondo livello' sono tutti morti e non è stato possibile giudicarli: Licio Gelli, Umberto Ortolani, Federico Umberto D'Amato e Mario Tedeschi, ritenuti mandanti, finanziatori e organizzatori. La sentenza della Corte di assise parla di "un progetto politico e criminale di ampia portata radicato ai vertici della loggia massonica P2 e sostenuto dalla complicità, dai silenzi, dalle omissioni di chi aveva la possibilità di sapere e impedire ma non lo fece perché era di fatto al servizio di chi sostenne, finanziò e promosse la strage".
Un capitolo a parte riguarda proprio i depistaggi. La Cassazione, già nel novembre del 1995, ha confermato le condanne per Gelli (10 anni), Francesco Pazienza (10 anni) e per gli ex ufficiali del Sismi Pietro Musumeci (8 anni e 5 mesi) e Giuseppe Belmonte (7 anni e 11 mesi). Insieme a Bellini a luglio sono stati condannati in secondo grado l'ex capitano dei carabinieri Piergiorgio Segatel, per depistaggio, e Domenico Catracchia, ex amministratore di condomini in via Gradoli, a Roma, per false informazioni al pm al fine di sviare le indagini. Nomi e responsabilità sono ormai stati messi in fila, pur ad anni di distanza. E' anche per questo che i familiari delle vittime, nel manifesto per il 44/o anniversario, hanno scritto: "Conosciamo la verità e abbiamo le prove".
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