Nessuno dimentichi quel che successe a Genova il 14 agosto 2018, quando il crollo del Ponte Morandi falciò 43 vite e distrusse un intero quartiere, spezzando la città in due. Nessuno dimentichi mai per sete di giustizia, per rispetto verso i morti e verso i vivi che hanno perso qualcuno e per la città che seppe rialzare la testa. Sei anni dopo quella strage, è questo il senso delle rose bianche lasciate cadere nella poca acqua del Polcevera, il torrente che ospitava nel suo alveo i piedi d'argilla del ponte, durante la cerimonia per ricordare quel giorno maledetto.
"Le immagini di quel drammatico evento appartengono alla memoria collettiva della Repubblica e richiamano alla responsabilità condivisa di assicurare libertà di circolazione e assenza di rischi a tutti gli utenti, tutelando il patrimonio infrastrutturale del Paese - ha scritto il Presidente Sergio Mattarella in un messaggio al sindaco di Genova Marco Bucci -. Le responsabilità devono essere definitivamente accertate e auspico che il lavoro delle autorità preposte si svolga con l'efficacia e la prontezza necessarie a ogni sentimento di giustizia: il tempestivo processo di ricostruzione del collegamento tramite il Ponte Genova San Giorgio non costituisce, infatti, attenuante per quanto accaduto".
Anche Giorgia Meloni ha fatto sentire la sua voce: "Memoria, rinascita, giustizia. Oggi - ha scritto la premier - onoriamo le 43 vittime di quella tragedia e ci stringiamo, con la mente e con il cuore, ai loro famigliari e ai loro cari. Oggi ci sentiamo un po' tutti genovesi, figli di una città fiera e orgogliosa che è stata moralmente piegata e fisicamente spezzata in due, ma che da allora ha saputo anche rialzarsi e andare avanti. Ma quel Ponte - aggiunge - ricorda alla nazione le tante, troppe, domande rimaste ancora senza risposta. Fare giustizia e individuare le responsabilità per ciò che è accaduto, accertando una volta per tutte colpe e omissioni, è un dovere morale, oltre che giudiziario".
Impossibile che Genova dimentichi quella tragedia. Così ancora una volta e per la sesta volta consecutiva, nella radura della memoria si sono ritrovati tutti: i parenti delle vittime con Egle Possetti, il sindaco di Genova Marco Bucci (e chi può dimenticare la sua frase, detta poche ore dopo il crollo: 'Genova non è in ginocchio'), il governatore ad interim Alessandro Piana, l'arcivescovo di Genova Tasca e l'imam Salah Hussein, tutti a ripetere una cosa che, come è stato più volte sottolineato stamani, è necessario dire ancora una volta: "non doveva succedere".
Sono tanti i pensieri e i ricordi della politica e del governo la cui eco raggiunge la radura fino alle 11:36 l'ora esatta in cui il ponte crollò. In quel momento il silenzio degli uomini, interrotto dalle urla delle sirene delle navi in porto, dal cupo rintocco delle campane della diocesi e dal soffice cadere di rose bianche nel Polcevera, ha ricordato a tutti quel che successe sei anni fa, ciò che accadde non per fato o per sciagura ma per incuria. E sarà il Memoriale a ricordarlo, l'opera pensata dall'architetto Boeri destinata a essere spazio "di espiazione, perenne ricordo, conoscenza storica, monito costante, contro ogni tentativo di rendere nebulosa la memoria collettiva, che purtroppo si sta dileguando nel tempo", come ha detto Egle Possetti.
Le rose rosse e bianche delle corone inviate dalla Presidenza della Repubblica e dalla presidenza del Consiglio dei ministri chinano la testa sotto il caldo torrido di questa giornata sospesa nel tempo. Chi non prega resta attento alle parole dette dal palco, chi ha fede si rifugia nella speranza di cui sono intessuti i discorsi dell'arcivescovo Tasca e dell'imam Salah, ma l'emotività di tutti è scossa dal quel Requiescant, quel Riposino in pace eseguita dai solisti del Carlo Felice.
'Riposino in pace' che in questo caso vuol dire anche e soprattutto giustizia e verità.
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