Nel 2013, mentre a Torino fuggiva
in auto dopo un furto, venne ferito in modo grave da un colpo di
pistola sparato da un agente di polizia. Oggi la vicenda è
giunta al vaglio della Corte d'appello perché l'uomo, Magaiber
Sulejmanovic, dimorante in un campo nomadi del centro Italia, ha
chiesto un risarcimento: in primo grado gli sono stati
riconosciuti 480 mila euro ma la somma non è ancora stata
versata. Il processo penale ha portato all'accertamento di una
responsabilità da parte dell'agente, che nel 2018, in appello, è
stato condannato a sei mesi con la condizionale.
La causa era stata avviata a Roma ma, al termine del
procedimento, il tribunale capitolino aveva dichiarato la
propria incompetenza territoriale. Otto anni fa è stata
accreditata la somma di 50 mila euro che era stata accordata in
sede penale a titolo di provvisionale (un acconto sul
risarcimento complessivo). "Ma è da undici anni - afferma
l'avvocato Domenico Peila, che insieme al collega Enrico
Usseglio Min assiste Sulejmanovic - che proponiamo alle
controparti una transazione. Finora senza esito. C'è da
chiedersi se questo atteggiamento di chiusura sia conveniente
per lo Stato o se, al contrario, non comporti un onere
ulteriore".
Oggi il giudice istruttore torinese Francesco Eugenio Rizzi
ha formalmente invitato le parti a trovare un accordo e a
"coltivare il tentativo di conciliazione". Quindi ha aggiornato
la causa a gennaio.
Sulejmanovic (anche lui condannato in sede penale) per
effetto del ferimento ha una invalidità dell'80%. I suoi legali
affermano che cammina con enormi difficoltà e solo con l'aiuto
di stecche che gli serrano le gambe.
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