Cinquanta lavoratori di un'azienda
del settore alimentare nel Fermano erano di fatto ridotti in
schiavitù, sfruttati e ricattati dai caporali. Lo hanno scoperto
i finanzieri del Comando provinciale di Fermo con l'indagine
denominata "Tempi supplementari": per l'accusa di estorsione e
intermediazione illecita di manodopera sono state segnalate sei
persone, cinesi e italiane, all'autorità giudiziaria e sono
stati sequestrati 1,7 milioni di euro dai conti bancari.
I lavoratori, di origine cinese e bengalese, erano
contrattualizzati per un massimo di 16 ore settimanali ma
costretti a lavorare per almeno 12 ore al giorno, con un unico
giorno di riposo e senza possibilità di fruire di giorni di
ferie o di assentarsi per qualsiasi motivo, compresa la
malattia; nessun compenso per ore di straordinario effettuate, e
30 minuti di pausa pranzo e l'accesso ai servizi igienici per un
massimo di cinque minuti alla volta e non troppe volte al giorno
o il caporale decurtava un'ora di lavoro.
L'indagine, coordinate dalla Procura di Fermo, ha svelato un
sistema ben collaudato di sfruttamento, perdurato nel tempo; è
scaturita dalla denuncia di un ex dipendente, di origine
straniera, licenziato per essersi recato al pronto soccorso dopo
un grave infortunio sul lavoro: è emerso lo stato di
sfruttamento in cui versava l'intera forza lavoro nello
stabilimento. Per il primo mese gli assunti ricevevano il 50%
del compenso; formalmente percepivano tredicesima e
quattordicesima ma, per mantenere il posto di lavoro, essenziale
per il rinnovo del permesso di soggiorno, dovevano restituire
tutto al datore di lavoro.
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