Non bisogna solo processare Alex
Pompa, il giovane di Collegno (Torino) che nel 2020 uccise il
padre per proteggere la madre nel corso dell'ennesima lite in
famiglia: bisogna indagare anche sul comportamento tenuto dal
fratello, Loris, per verificare se è colpevole di concorso in
omicidio volontario. È quanto ha detto oggi a Torino il pg
Giancarlo Avenati Bassi, che insieme al collega Alessandro
Aghemo sta sostenendo l'accusa nel processo d'appello bis, nel
corso della sua requisitoria, cominciata oggi e aggiornata al 16
dicembre. Il magistrato ha anticipato che chiederà alla Corte di
trasmettere le carte per aprire un procedimento.
Alex era stato assolto in primo grado: secondo la Corte di
assise aveva agito per legittima difesa. In appello, nel 2023,
fu condannato a sei anni, due mesi e venti giorni per omicidio
volontario con una sentenza che però è stata annullata con
rinvio dalla Cassazione. Nel nuovo processo i giudici - su
indicazione della Suprema Corte - dovranno rivalutare il
contesto in cui si è svolta la vicenda, il clima che si viveva
in famiglia e lo stato di disagio psichico di Alex.
Il padre, Giuseppe Pompa, è stato descritto come un uomo
irascibile, prevaricatore e ossessivo, dalle sfuriate frequenti
e impetuose. La moglie, Maria Cotoia, cassiera in un
supermarket, raccontò che il marito nel corso della giornata
l'aveva contattata 101 volte sul telefonino solo perché credeva
che al lavoro avesse salutato un collega.
La procura di Torino ha sempre insistito sulla tesi
dell'omicidio volontario.
Riproduzione riservata © Copyright ANSA