Il gip Vito Di Vita ha accolto
oggi la richiesta della Procura di Bergamo, disponendo
l'archiviazione del fascicolo riguardante l'ultimo filone
dell'inchiesta sulla gestione del Covid.
Il procedimento vedeva indagate quattro persone: il direttore
generale dell'Ats di Bergamo Massimo Giupponi; l'allora
direttore dell'Asst Bergamo Est (ora dg dell'Asst Papa Giovanni
XXIII) Francesco Locati; l'allora direttore sanitario dell'Asst
Bergamo Est Roberto Cosentina (ora in pensione); l'ex direttore
medico del Presidio 2 (ospedali di Alzano e Gazzaniga) Giuseppe
Marzulli, (anche lui in pensione).
I reati contestati a vario titolo erano l'epidemia colposa
sviluppatasi all'interno dell'ospedale Pesenti Fenaroli di
Alzano, dove il 23 febbraio del 2020 si registrarono
ufficialmente i primi pazienti positivi in provincia di Bergamo;
le lesioni colpose nei confronti di 33 operatori sanitari del
presidio alzanese; la morte di un medico e di un impiegato della
struttura sanitaria di Alzano, contagiati dal Covid; il falso
ideologico per aver comunicato tramite documenti ed e-mail fatti
diversi dalla realtà; e il rifiuto d'atti di ufficio per non
aver adottato tempestivamente misure atte a contenere
l'epidemia.
Il pool di pm bergamaschi guidato dal procuratore aggiunto
Maria Cristina Rota nella sua richiesta ha contestato il
ragionamento che aveva portato tra il giugno e il luglio del
2023 all'archiviazione degli altri due filoni, uno dei quali
vedeva indagati l'ex premier Giuseppe Conte e l'ex ministro
della Salute Roberto Speranza.
In sintesi, secondo il tribunale dei ministri di Brescia, non
era dimostrato il nesso tra causa ed effetto, e cioè tra
diffusione del virus e i due omicidi colposi e le 33 lesioni
colpose contestate in questa inchiesta. Per i giudici bresciani
"non è configurabile il reato di epidemia colposa in forma
omissiva in quanto la norma in questione abbraccia la sola
condotta di chi per dolo o per colpa diffonde germi patogeni e
quindi la responsabilità per omesso impedimento di un evento che
si aveva l'obbligo giuridico di impedire risulta incompatibile
con la natura giuridica del reato di epidemia".
Pur dissentendo dal pronunciamento del tribunale dei ministri,
la Procura di Bergamo, preso atto della recente Riforma Cartabia
che esige una prognosi sull'esito di un eventuale processo, s'è
vista costretta a presentare richiesta di archiviazione in
quanto "non appare ragionevolmente prevedibile la condanna degli
indagati". Un filo logico che ora è stato sposato dal gip Di
Vita nel suo decreto di archiviazione.
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