Vicino, troppo vicino ai detenuti. "Lei è una di noi" diceva il capo della cosca della 'ndrangheta di Brescia Stefano Tripodi parlando - senza sapere di essere intercettato - di suor Anna Donelli, religiosa agli arresti domiciliari da questa mattina con l'accusa di concorso esterno in associazione a delinquere di stampo mafioso nell'ambito di un'inchiesta della Procura di Brescia che ha portato complessivamente ad una trentina di arresti e al sequestro di quasi due milioni di euro.
Contestati a vario titolo i reati di rapina, estorsione, usura, fatture false, traffico di armi e droga e voto di scambio. Da tempo attiva come volontaria nelle carceri bresciane e a San Vittore - nata a Cremona, 58 anni da compiere tra pochi giorni e residente a Milano - suor Anna avrebbe messo a disposizione del gruppo criminale finito sotto la lente dell'antimafia "la propria opera di assistenza spirituale nelle case circondariali e di reclusione per veicolare messaggi tra appartenenti all'organizzazione criminale e i soggetti detenuti in carcere".
In questo modo, si legge nell'ordinanza del gip di Brescia, avrebbe avuto dai detenuti e comunicato agli indagati "informazioni utili per meglio pianificare strategie criminali di reazione alle attività investigative e dell'Autorità giudiziaria".
Il pm titolare dell'inchiesta Teodoro Catananti, con il collega Francesco Carlo Milanesi, ha specificato: "Sì è messa in qualche modo a disposizione del clan per veicolare informazioni dal carcere al gruppo dei Tripodi".
Il riferimento è a Stefano e Francesco Tripodi, padre e figlio calabresi, radicati a Flero in provincia di Brescia dove risultano a capo dell'azienda Stefan Metalli, e considerati i vertici della 'ndrina locale collegata alla cosca Alvaro di Sinopoli. "È un'indagine che conferma il radicamento di organizzazioni criminali che trovano articolazioni anche in questo territorio. Parliamo di soggetti legati alla 'ndrangheta che avrebbero sfruttato la fama criminale dell'organizzazione d'origine, adeguandosi al territorio del nord dove si occupa di materia fiscale" il pensiero del procuratore capo di Brescia Francesco Prete.
Ai domiciliari anche due politici locali, l'ex consigliere comunale di Brescia in quota Fratelli d'Italia Giovanni Acri, e Mauro Galeazzi, ex esponente della Lega nel Comune di Castel Mella già arrestato anni fa per tangenti poi scarcerato e assolto. Secondo gli inquirenti Acri si sarebbe messo a disposizione del gruppo 'ndranghetista, guidato dai componenti della cosca calabrese Tripodi, nella veste di medico, la sua professione, "al servizio anche in occasione di ferimenti degli appartenenti al sodalizio e dei loro complici durante l`esecuzione di reati".
In un'intercettazione agli atti lo stesso Acri, parlando con uno dei Tripodi, insulta pesantemente l'allora procuratore capo di Catanzaro Nicola Gratteri per la sua battaglia contro la criminalità organizzata. Secondo le indagini della procura antimafia di Brescia le accuse a Galeazzi sono riferite al 2021 quando si era candidato sindaco nel paese di Castel Mella. A lui si sarebbe rivolto il capo della cosca Stefano Tripodi, che gli avrebbe proposto "di procurargli voti in cambio dell' ottenimento di appalti pubblici qualora fosse stato eletto".
"Ti faccio votare da tutti i calabresi della zona ma poi tu fammi mettere le mani sui soldi" disse Tripodi. "I soldi ce ne sono un sacco" la replica di Mauro Galeazzi. Che non è stato eletto sindaco e che ora si trova agli arresti domiciliari con l'accusa di concorso esterno in associazione mafiosa per voto di scambio.
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