Potrebbe tornare a Roma l'indagine
in corso a Perugia sugli accessi alle banche dati della Dna
partita da una denuncia del ministro della Difesa Guido
Crosetto. La Cassazione, pronunciandosi su un altro caso, ha
stabilito che per i magistrati della Direzione nazionale
antimafia e antiterrorismo, che ha sede nella capitale, non è
previsto lo spostamento di un fascicolo che li riguardi sia come
indagati sia come persone offese. Per i magistrati applicati
alle Dda presso le altre procure, invece, si applica l'articolo
11 del codice di procedura penale e, dunque, vale lo spostamento
dell'indagine alla procura competente. La sentenza, la numero
3300 - risulta all'ANSA - è stata da poco depositata.
Esaminando un procedimento per diffamazione e calunnia in danno
tra l'altro di un magistrato in servizio alla Dna, i giudici
della Cassazione hanno stabilito la competenza della Corte
d'appello di Roma. Che nel giugno del 2021 aveva dichiarato la
propria incompetenza trasmettendo gli atti a Firenze. La Corte
d'appello del capoluogo toscano aveva però sollevato conflitto
negativo di competenza sostenendo che ai magistrati in forza
alla Direzione nazionale antimafia non si applica la regola
dell'articolo 11, salvo che non siano applicati a una procura
distrettuale. Tesi fatta propria dalla Cassazione che stabilito
la competenza di Roma.
La decisione della Cassazione rischia quindi di avere
ripercussioni anche sull'indagine dei magistrati di Perugia che
coinvolge l'allora sostituto della Procura nazionale Antimafia
Antonio Laudati e il tenente della Guardia di Finanza Pasquale
Striano. Le difese hanno infatti già posto la questione della
competenza, chiedendo il trasferimento degli atti a Roma, al
Tribunale del riesame del capoluogo umbro che sta esaminando il
ricorso della Procura guidata da Raffaele Cantone contro il
provvedimento del gip che ha rigettato la richiesta di arresti
domiciliari per i due indagati.
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