Duecento fagottini bianchi
macchiati di sangue riempiono Piazza De Ferrari a Genova, per
ricordare la strage di neonati che sta avvenendo in Palestina. È
questo il messaggio del flash mob che l'Arci, le associazioni
del centro storico, Assopace Palestina, Genova che Osa e le
associazioni pacifiste del capoluogo ligure hanno fatto sotto il
grande albero di Natale, in Piazza De Ferrari. "Questo è il
'presepe morente' nella terra di Gesù - ha detto Giacomo
D'Alessandro, animatore di diverse associazioni del centro
storico - perché l'industria di quella morte comincia anche da
qui: il governo italiano, i voti che non ha assecondato in sede
Onu, l'addestramento fatto all'aviazione israeliana, le banche
che consentono il commercio di armi con questi 'terroristi di
stato'. Oggi siamo qui non per dire chi ha ragione o torto ma
per guardare solo questo dato: 800 neonati massacrati in un
anno, una realtà sulla quale dobbiamo decidere che cosa fare, a
partire dalle nostre industrie". Gli attivisti hanno acceso
fiaccole e deposto, per tutta la piazza, i corpi "simbiotici"
delle vittime per ricordare ai genovesi le tante guerre che
stanno insanguinando:il mondo. "Sotto l'albero di Natale
portiamo il ricordo dei neonati uccisi a Gaza - spiega Stefano
Kovac, presidente di Arci Liguria - fino a oggi sono più di 800,
un numeri enorme che non riuscimao nemmeno a immaginare. È
importante ricordare che in questo momento ci sono tante guerre
in corso, a Gaza sono morte più di 50 mila persone e in Ucraina,
forse, oltre un milione in questi anni. E questi fa parte della
nostra realtà quotidiana, anche se a volte lo dimentichiamo".
"Non vigliamo ricordare solo i neonati rimasti sotto le macerie
- aggiunge Maria Di Pietro, di Assopace Palestina - ma anche
quelli morti per malnutrizione o per la mancanza di incubatrici,
ventilatori, fermi al valico di Rafah perché il governo
israeliano li ha bloccati classificandoli come merce pericolosa.
Innquesto mese ci sono 4 mila bambini che devono ancora nascere
e nella striscia di Gaza ci sono 60 mila donne che devono
partorire in condizioni disagiate, senza medicinali, senza
anestetici".
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