Il nodo dell'estradizione e la legittimità del fermo. Si gioca su questi punti il destino giudiziario di Mohammad Abedini Najafabadi, il cittadino iraniano bloccato il 16 dicembre a Malpensa. Uno snodo giudiziario legato a doppio filo con la trattativa diplomatica che si sta tessendo per riportare in Italia la giornalista Cecilia Sala, fermata il 19 dicembre e detenuta a Teheran.
Gli Stati Uniti hanno formalizzato la richiesta di estradizione per Abedini, fermato su mandato di arresto internazionale all'aeroporto milanese. Un fermo su cui, però, la Procura meneghina ha acceso un faro avviando una indagine a modello 45, ossia senza ipotesi di reato e indagati. Un fascicolo, al momento, di natura conoscitiva e che riguarda le procedure, i tempi ravvicinati tra la emissione del mandato di arresto e il fermo dell'uomo avvenuto nel giro di meno di tre giorni.
L'iter per l'estradizione va comunque avanti: gli atti con le accuse sono stati trasmessi alle autorità italiane anche se un eventuale vizio nelle modalità di arresto, su cui appunto sta indagando la Procura di Milano, potrebbe portare alla nullità dell'atto rendendo libero da misure cautelari il cittadino iraniano. Se il fermo fosse dichiarato illegittimo si complicherebbe la strada dell'estradizione rendendo, di contro, più agevole quella diplomatica per una sorta di "scambio" con Sala. L'arresto della reporter rappresenta, infatti, una sorta di ritorsione dopo il fermo del 38enne accusato dalla giustizia americana di avere fornito il supporto materiale al Corpo delle Guardie della rivoluzione islamica, considerate dagli Usa un'organizzazione terroristica, che ha poi portato alla morte di tre militari statunitensi.
Sull'uomo, trasferito ora nel carcere di Opera, pendeva dal 13 dicembre un mandato di arresto ai fini di estradizione. Per lui i giudici della Corte d'Appello di Milano, al termine dell'udienza di convalida, hanno disposto la misura cautelare in carcere per pericolo di fuga. La giustizia americana accusa Abedini, assieme ad un complice arrestato negli Usa, di cospirazione per esportare componenti elettronici dagli Stati Uniti all'Iran in violazione delle leggi statunitensi sul controllo delle esportazioni e sulle sanzioni. "Lui respinge tutte le accuse e non riesce a capire i motivi dell'arresto", afferma il suo difensore, l'avvocato Alfredo de Francesco. Il penalista, inoltre, aggiunge che dall'analisi dei documenti in suo possesso, "pur essendo formalmente gravi le accuse mosse, in realtà la posizione del mio assistito risulta molto meno grave di quanto può sembrare".
Ora con la richiesta formale l'iter dell'estradizione farà il suo corso. Le carte, attraverso i canali diplomatici e il Ministero degli Esteri, sono state trasmesse al Ministero della Giustizia il quale a sua volta le invierà alla Procura Generale di Milano e alla Corte. Il sostituto Pg designato a trattare il caso, con una requisitoria scritta, proporrà di riconoscere o meno l'istanza di estradizione. La Corte avrà quindi alcuni giorni di tempo per fissare l'udienza che verrà svolta in seduta camerale, ossia non pubblica. I giudici dovranno valutare se ci sono o meno le condizioni per accogliere la richiesta. La decisione finale, dopo il via libera della Corte d'appello, spetta esclusivamente al Ministero della Giustizia che ha 10 giorni di tempo per rendere effettiva l'estradizione.
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