(di Stefano Ambu) Per sopravvivere nei campi di concentramento nazisti ha mangiato anche bucce di patate.
È una frase che amava ricordare ai figli quando magari qualcuno si lamentava di avere un po' di fame.
Era arruolato nella Marina
militare italiana. E dopo l'8 settembre era diventato nemico di
Hitler e Mussolini. Nel 1943 è stato prelevato dai tedeschi a
Portoferraio insieme agli altri uomini del suo reparto. E per
due anni è sparito: prigioniero in tre campi di concentramento
tra Germania e Lituania.
Salvatore Muscas, classe 1918, cagliaritano di
Sant'Avendrace, poi era riuscito a tornare. A lavorare e a
mettere su famiglia, moglie e tre figli. A 33 anni dalla morte,
prigionia e sofferenza sono state ricordate a Cagliari, nel
Giorno della Memoria, con la consegna, da parte del prefetto
Giuseppe Cataldo, della medaglia d'onore conferita dal
presidente Mattarella ai figli Antonella e Sergio. Con i
familiari Salvatore non amava ricordare quei due anni terribili,
vissuti con la paura che ogni giorno potesse essere l'ultimo.
Raccontava e ricordava sempre la fame di quei giorni. Con quella
frase in cagliaritano che il figlio sa a memoria. "La fame? Era
quella del campo di concentramento: lì mangiavo la buccia delle
patate".
Si ricordano degli aneddoti. Salvatore aveva imparato in
fretta l'arte della sopravvivenza. "Si era fatto cresimare due
volte in due diversi campi di concentramento", raccontano i
figli. Anche un modo, per quanto possibile, di intenerire i
tedeschi. E continuare a lasciarlo lì, in posizione (per modo di
dire) privilegiata: lavorava in cucina e pelava le patate. Non
buttava niente, però. Era diventato amico del cuoco. E anche
questo era fondamentale in un posto nel quale era importante
tenersi su per continuare a resistere.
È stato il nipote, dopo un viaggio a Cracovia, a ricostruire
attraverso le ricerche dei nomi dei prigionieri percorso e
luoghi del calvario di Salvatore: due lager in Germania e uno in
Lituania. Quando è tornato in Sardegna ha lavorato sino al 1959
alla Semoleria di viale La Playa. Licenziato per aver aderito a
uno sciopero perchè, spiega la famiglia, anche nel posto di
lavoro aveva continuato a lottare.
Ora il riconoscimento e la medaglia d'oro. "Meglio tardi che
mai, sarebbe stato molto contento di ricevere questa
onorificenza in vita", commentano i figli. Nel consegnare
l'onorificenza, il prefetto Castaldo ha parlato di "un momento
di grande emozione". "Ricordiamo uno degli eventi più tragici e
terribili della nostra storia - ha sottolineato - Questa deve
essere una giornata di impegno da parte di tutti, dalle
istituzioni ai cittadini. Dobbiamo impegnarci affinché tutto
questo non accada mai più. Vogliamo diffondere la cultura della
memoria soprattutto tra i giovani che sono il nostro futuro".
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