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Cassazione, stop a sequestro sim e tablet leader Askatasuna

Cassazione, stop a sequestro sim e tablet leader Askatasuna

Serve nuovo riesame. Rossetto indagato per violazione obblighi

TORINO, 29 gennaio 2025, 17:55

Redazione ANSA

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- RIPRODUZIONE RISERVATA

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Uno dei leader del centro sociale torinese Askatasuna vince un round in Cassazione.

La Suprema Corte ha annullato con rinvio (nel senso che sarà necessario un nuovo passaggio davanti ai giudici subalpini) il sequestro di un telefonino e di un tablet eseguito dalla polizia giudiziaria il 15 luglio 2024 nel corso di una perquisizione.

Uno dei punti che bisognerà approfondire riguarda la "proporzionalità e l'adeguatezza" del provvedimento.
    Il ricorrente è Giorgio Rossetto, 63 anni, militante storico dell'area dell'autonomia, oggi fra gli imputati del maxi processo ad Askatasuna (per lui la procura di Torino ha chiesto sette anni di carcere). Nel procedimento giunto al vaglio degli Ermellini è indagato per una violazione del codice antimafia: pur essendo sottoposto alla sorveglianza speciale con obbligo di soggiornare nel territorio di Bussoleno, in Valle di Susa, Rossetto era stato notato dalla Digos a Torino al corteo del primo maggio e, il successivo 15 giugno, a Susa nel corso di una manifestazione No Tav. La procura, quindi, dispose il sequestro di tablet e telefonino con le relative schede sim. L'obiettivo, a quanto si ricava dalle carte del procedimento, era controllare attraverso 'Google Maps' gli spostamenti di Rossetto.
    Gli apparecchi, però, sono stati trattenuti per tutta l'estate, mentre la Cassazione, sollecitata sul punto dalla difesa, ha sottolineato che il sequestro di un dispositivo nella sua interezza ha carattere eccezionale: la "via maestra" è la copia forense di singoli dati accuratamente selezionati.
    Il tribunale del riesame di Torino non ha indicato i tempi per l'esecuzione delle complicate operazioni tecniche; nel decreto della procura, inoltre, si dedica un cenno a ulteriori finalità investigative "neanche meglio precisate" su cui i giudici subalpini avrebbero dovuto spendere qualche parola in più.
   

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