Ha patteggiato un anno e 4 mesi, pena sospesa, con una multa da 21mila euro, l'ex manager di Uber Gloria Bresciani imputata per caporalato nel processo milanese scaturito dall'inchiesta del pm Paolo Storari e del Nucleo di polizia economico finanziaria della Gdf sulle condizioni lavorative "degradanti" dei rider, che nel maggio 2020 aveva portato al commissariamento della filiale italiana del colosso statunitense del delivery.
Amministrazione giudiziaria revocata
nel marzo 2021 dopo il riconoscimento del percorso "virtuoso"
intrapreso dalla società.
Il patteggiamento è stato ratificato dalla giudice Mariolina
Panasiti.
Come emerso dall'indagine, i rider, reclutati
soprattutto nei centri di accoglienza da società di
intermediazione di manodopera, venivano "pagati a cottimo 3
euro", "derubati" delle mance e "puniti" con decurtazione dei
compensi se non stavano alle regole. Per l'imputata è stato,
poi, modificato il capo di imputazione, inserendo la sua
condotta in una politica di impresa all'epoca, e col
riconoscimento in sentenza delle attenuanti generiche.
Nel processo un centinaio di rider si erano costituti parti
civili e poi erano usciti dal procedimento ottenendo
risarcimenti da Uber Italy per mezzo milione di euro, ossia
circa 5mila euro a testa. E nel 2021, con la condanna a 3 anni e
8 mesi in abbreviato per Giuseppe Moltini, uno dei responsabili
delle società di intermediazione, la gup Teresa De Pascale aveva
convertito un sequestro da 500mila euro in contanti in un
risarcimento da 10mila euro a testa per 44 fattorini per un
totale di 440mila euro.
Nel procedimento avevano già patteggiato Danilo Donnini (2
anni), socio della società di intermediazione Flash Road City, e
Leonardo Moltini a 3 anni. "Dovevamo mettere a disposizione un
numero di fattorini esorbitante, ci veniva chiesto dalla
dirigenza Uber", aveva detto Donnini testimoniando.
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