Nuova perizia psichiatrica per Alessia Pifferi.
Arriva a sorpresa la decisione nel processo d'appello a carico della donna, in primo grado ritenuta capace di intendere e volere. Per i giudici della Corte d'Assise d'appello di Milano, "l'ausilio di esperti e specialisti" è "necessario e imprescindibile", in quando il "compendio dibattimentale" appare "incompleto, lacunoso oltre che, a tratti, contraddittorio".
Pifferi, condannata all'ergastolo per l'omicidio della figlia Diana di appena 18 mesi, era presente in aula, ed è rimasta impassibile alla lettura dell'ordinanza con cui è stato disposto il nuovo esame. Soltanto alla fine dell'udienza si è lasciata andare in un abbraccio al suo difensore, Alessia Pontenani, che anche oggi ha ribadito la "necessità" di "capire" se la donna abbia un "disturbo cognitivo". Il provvedimento è stato emesso dopo circa un'ora e mezza di camera di consiglio.
"Tanta delusione" per la sorella Viviana Pifferi, parte civile nel processo con la madre Maria Assandri, a loro volta presenti all'udienza. Il sostituto procuratore Lucilla Tontodonati si era opposta all'istanza difensiva di sottoporre la donna a una seconda perizia, spiegando che non c'è "alcun elemento che possa far pensare a una incapacità". L'esame eseguito in primo grado dallo psichiatra Elvezio Pirfo, per l'accusa, "risponde a ogni opposizione che è stata fatta" e ha dato "risposte assolutamente soddisfacenti su tutto".
Dello stesso avviso è l'avvocato Emanuele De Mitri, che assiste i familiari, secondo il quale "la sentenza ha certificato come Pifferi fosse una donna bugiarda, simulatrice, che si è inventata circostanze pur di salvare la sua posizione". Il difensore, all'opposto, ha ribadito anche oggi che la 38enne "non ha mai mentito". O meglio, "ha mentito come può mentire una persona con scarse capacità. Diceva bugie che avevano le gambe corte, proprio come fanno i bambini". Per l'avvocato Pontenani la nuova perizia è necessaria "per mettere un punto a questo processo" e chiuderlo "in modo da comprendere esattamente quanto accaduto".
Per avvalorare la sua tesi, il legale ha depositato oggi alcune lettere, recapitate nel carcere di Vigevano, dove uno sconosciuto chiede a Pifferi di sposarla. "Lei risponde 'sì, ti sposo, ti amo tanto', senza analizzare la motivazione per cui quest'uomo che probabilmente non esiste le fa questa proposta. Dalla missiva - ha detto il legale - si può capire quanto questa donna sia fragile e quanto non si renda conto delle conseguenze delle proprie azioni". Nella sentenza di primo grado con cui Pifferi è stata condannata alla pena massima, i giudici osservano come, nel lasciare a casa da sola la bimba per cinque giorni e mezzo, sia stata animata da un "futile ed egoistico movente", cioè quello di "regalarsi un proprio spazio di autonomia, nella specie un lungo fine-settimana con il proprio compagno". La donna infatti aveva lasciato la piccola Diana nella loro abitazione di via Parea a Milano, soltanto con un biberon di latte e una bottiglietta d'acqua a disposizione, per andare nella bergamasca dall'uomo che frequentava all'epoca. Al suo ritorno nell'abitazione, la bimba era stata trovata senza vita, morta "di stenti e disidratazione".
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