Tornare a guardare un'opera d'arte con lo sguardo libero che si ha da bambini: è questo il suggerimento, o piuttosto il poetico e suggestivo auspicio, che Antonio Natali, direttore della Galleria degli Uffizi, si propone di dare ai lettori del suo libro ''Michelangelo. Agli Uffizi, dentro e fuori'', pubblicato in una preziosa edizione da Maschietto Editore. Contrariamente a quanto si possa immaginare, il volume, che rientra nelle celebrazioni organizzate nel 2014 per i 450 anni dalla morte di Michelangelo, non ha alcun intento commemorativo nei confronti dell'artista toscano: del resto sarebbe troppo riduttivo, soprattutto per un grande storico dell'arte e appassionato studioso come Natali. L'autore infatti propone un'inedita lettura di due delle più importanti opere michelangiolesche, la Sacra Famiglia (nota come Tondo Doni) conservata nelle sale del museo fiorentino, e il David, la cui copia troneggia tra piazza della Signoria e il piazzale degli Uffizi (mentre l'originale è esposto nella Galleria dell'Accademia). È qui che si crea il legame tra il dentro e il fuori degli Uffizi in relazione a uno degli artisti più amati di tutti i tempi, al quale però spesso ci si accosta nel modo sbagliato: ''Mi piacerebbe che fosse possibile recuperare la verginità originaria dei bambini nell'approccio all'arte, ma forse si può solo affinare la propria sensibilità rifuggendo il conformismo intellettuale'', ha dichiarato oggi pomeriggio Natali presentando il volume ai Musei Vaticani, ''però vorrei che questo mio libro insinuasse almeno qualche dubbio: è impossibile guardare queste due opere e non porsi degli interrogativi''.
Un'idea di fruizione dell'arte lontana dunque dalla contemplazione, e che sollecita un intervento critico da parte del pubblico. Perché la Sacra Famiglia è rappresentata in quel modo inusitato? E perché il David è cinque volte più grande di una persona normale? Da queste domande inizia la riflessione di Natali che, attraverso un rigoroso percorso iconologico, indica per la tela una datazione più precisa e il probabile ricorso a modelli antichi per le pose delle figure, mentre per la statua un'interpretazione più complessa proprio legata alle dimensioni in cui Michelangelo decise di realizzarla. Nella convinzione che ''nulla nell'arte è fatto a caso'' e che i musei ''sono luoghi in cui si va per apprendere, non per restare sbalorditi né per farsi le fotografie rendendo dei capolavori solo dei comprimari d'autoscatti'', l'autore ha tentato nel suo lavoro di rendere evidenti i tanti significati di cui le due celebri opere d'arte si compongono, mostrandone la bellezza ''non formale ma complessa'' e ''ristabilendo il valore di un testo poetico che invece di esprimersi in parole si esprime con un testo figurativo''. Se è vero che la bellezza nell'arte non si coglie d'istinto ma si può comprendere solo con lo studio e la conoscenza, è altrettanto realistico, secondo Natali, pensare che in fondo la colpa è anche della scuola e degli studiosi, perché ''nessuno ci ha davvero insegnato a guardare un'opera d'arte nel modo giusto e cercare la storia che essa racconta''. Ad accompagnare Natali in un dibattito che ben presto si è trasformato in un'appassionante lezione di storia dell'arte (e in una amabile chiacchierata) anche Antonio Paolucci, direttore dei Musei Vaticani, a lungo direttore del polo museale fiorentino (i due direttori sono amici di lunga data, oltre a rappresentare i due musei più visitati e prestigiosi della penisola italiana), che ha sottolineato il valore didattico e il fascino di un libro come questo: ''Natali ha dimostrato la squisita relatività di un'opera d'arte: ogni capolavoro può continuamente rappresentare un'infinita riserva di novità se viene analizzato in modo critico''.
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