(di Federico Pucci) Dominatore
da quattro settimane della classifica italiana dei singoli, il
rapper franco-congolese Maitre Gims si prepara a conquistare
anche il Festival di Sanremo: l'artista è arrivato oggi a Milano
per presentare il doppio album 'Mon Coeur Avait Raison', in
uscita il 29 gennaio, e annunciare la sua partecipazioen al
Festival con il singolo 'Est-ce Que Tu M'Aimes?'. La storia di
Gandhi Djuna (questo il suo vero nome) è insieme normale e
straordinaria: figlio d'arte - il padre Djanana fu cantante
della band di Papa Wemba - all'età di due anni lasciò la nativa
Kinshasa con la famiglia per arrivare in Francia da sans-papier,
crebbe fra i centri di ricreazione parigini dove imparò
l'hip-hop americano dei Wu-Tang Clan e quello marsigliese degli
IAM e presto si fece un nome con la crew Sexion d'Assaut. Da
allora, il successo da oltre un milione di copie del debutto
solista 'Subliminal' nel 2013, ma anche la conversione
all'Islam, lo hanno reso un personaggio pubblico di grande
interesse, simbolo di un'integrazione che si riflette nella
musica: le due metà del disco, intitolate 'Pillule Bleue' e
'Pillule Rouge' con riferimento al film 'Matrix', rappresentano
due anime musicali, il pop e il rap, l'introspezione sposata con
la dance e una poetica 'urban' e sociale simboleggiata da
emblemi com il pugile Floyd Mayweather ("Uno che emerge senza
essere mai stato sconfitto, come vorrei essere io") o Melinda
Gates ("Dietro molti uomini famosi si muovono grandi donne come
lei che prendono decisioni molto importanti nell'ombra per il
bene di molti"). 'Est-ce Que Tu M'Aimes?' esprime la parte più
pop del suo repertorio, che spicca anche in brani come 'Habibi'
o 'Contradiction' e soprattutto nella collaborazione con Sia in
'Je Te Pardonne', di cui è appena stato girato anche un
videoclip: "La cosa più bella è stata che una fuoriclasse delle
melodie come lei non abbia voluto modificare quella della mia
canzone". Quello di Gims non è insomma l'hip-hop hardcore delle
banlieue, ma un genere ibrido cittadino che ha come quartier
generale il nono arrondissement e rivendica l'autonomia
culturale del centro urbano: "L'hip-hop si evolve e non è più
una nicchia, so per certo che lo ascoltano pure i Le Pen! -
racconta - La gente era un po' stanca del rap sempre impegnato,
ora può essere anche una musica festaiola".
In un certo senso Djuna rappresenta una generazione in cui il
modello multiculturale ha funzionato: "Io mi sento un po' più
francese che non congolese, ma soprattutto sono al 100%
parigino". In Africa comunque tornerà a settembre per una
tournée e con la promessa di un impegno sociale. Parlando a
margine, il rapper non nasconde infatti la sua attenzione
all'attualità: "Non ero molto più giovane di Aylan quando sono
arrivato in Francia - dice riferendosi al bambino siriano la cui
morte sconvolse nel 2015 - Oggi molti migranti vengono per
integrarsi e creare qualcosa, ma quando sono isolati in un
centro o in una periferia è tutta un'altra storia". Per questo
eventi come gli attentati del 13 novembre lo hanno ferito: "La
gente scopre l'Islam solo dopo questi attacchi, e tutti sembrano
diventare esperti: ma il vero Islam è una religione basata sul
rispetto".
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