(di Silvia Lambertucci)
Il grande mantello color della porpora
sulle vesti succinte del pellegrino, la mano alzata quasi a
voler presentare la maestà del Cristo che accanto a lui benedice
i fedeli. Nascosto da un muro per quasi 900 anni, riemerge a
Roma in un'intercapedine nella chiesa di Sant'Alessio
all'Aventino, un grande affresco medievale dai lucenti colori in
incredibile stato di conservazione. "Un ritrovamento
assolutamente eccezionale", illustra in esclusiva all'ANSA,
l'autrice della scoperta, la storica dell'arte Claudia Viggiani,
"anche per l'iconografia rarissima dei due personaggi che si
riconoscono nella parte del dipinto al momento visibile, con
tutta probabilità proprio Sant'Alessio e il Cristo pellegrino".
La scoperta, che l'ANSA ha potuto documentare con foto e
filmati, è il frutto di un'indagine lunga anni e un po' ha il
sapore del giallo. "Tutto è partito durante una ricerca
d'archivio", racconta Viggiani, che al lavoro di ricercatrice ha
alternato quello di consulente culturale di sindaci e ministri.
Ad accendere la sua curiosità, una lettera scritta nel 1965
dall'Ufficio speciale del Genio Civile per le Opere edilizie
della capitale alla Soprintendenza ai monumenti per il Lazio,
nella quale si parla di "un affresco in ottimo stato di
conservazione" casualmente rinvenuto durante i lavori per il
consolidamento di una torre campanaria. Già, ma di quale chiesa?
il documento, racconta Viggiani, non lo diceva. L'oscuro
funzionario che negli anni Sessanta si era trovato di fronte
alla meraviglia di quei colori aveva alla fine richiuso la porta
lasciando il dipinto al suo secolare oblio. "C'è voluto un po',
ma alla fine l'ho trovato", sorride oggi la studiosa. In questa
storia, racconta, la determinazione è stata determinante.
Qualche mese fa l'opera è stata messa in sicurezza dalla
restauratrice Susanna Sarmati con un progetto realizzato grazie
alla soprintendenza speciale di Roma guidata da Francesco
Prosperetti con la direzione lavori di Mariella Nuzzo e Carlo
Festa. Il portoncino sul retro di Sant'Alessio che nasconde
l'intercapedine del tesoro è però ancora inaccessibile per
evidenti problemi di sicurezza. Tant'è. Varcare quella porta con
il permesso di don Bruno, storico parroco di Sant'Alessio, è una
sorpresa che toglie il fiato, con l'esplosione dei colori, il
nero così intenso dello sfondo, il cinabro del mantello, la
lucentezza delle aureole. Ma anche lo sguardo penetrante nel
volto roseo del Cristo, la serenità ieratica nei tratti del
Santo che lo imita e un po' gli rassomiglia, quasi volesse
presentarsi come una copia 'umana' del Messia.
Riferibile alla metà del XII secolo, il dipinto è inquadrato
da una cornice policroma che la restauratrice Sarmati definisce
di una "eccezionale raffinatezza", difficile soprattutto
"trovarne di così complete e integre", spiega, mentre indica
sulla parete le pennellate originali che è ancora possibile
distinguere. Anche per lei è un'emozione. Perché è vero che a
Roma esistono altri affreschi medievali, dice citando tra gli
altri le decorazioni pittoriche dell'Oratorio mariano di Santa
Prudenziana, quelle della chiesa di San Giovanni a Porta Latina
o dell'Oratorio di San Giuliano in San Paolo. "Ma il loro stato
di conservazione, nonostante i restauri è mediocre, mentre
questo, che pure non è stato mai toccato è quasi perfetto".
Nella chiesa delle origini, illustra Viggiani, il dipinto
occupava la parete della controfacciata, in una posizione di
rilievo dovuta anche alla fama che accompagnava in quell'epoca
le vicende di Sant'Alessio. E proprio il rispetto devozionale
per il santo che si diceva fosse figlio del senatore romano
Eufemiano e che in qualche modo sembra aver fatto da trait
d'union tra la Roma pagana e quella medievale, sarebbe alla base
dell'incredibile conservazione del dipinto. "Chi ristrutturò la
chiesa nei secoli successivi murando la controfacciata fece
comunque attenzione a proteggere l'affresco", fa notare. Tanto
che probabilmente una piccola parte di questo, con il volto di
Sant'Alessio, rimase per secoli a disposizione dei fedeli
attraverso una feritoia aperta sull'interno della navata.
Attualmente il dipinto misura 90 centimetri di larghezza per
oltre 4 di altezza. Un'altra porzione, grande almeno
altrettanto, è ancora nascosta dal muro. Viggiani è decisa a
riportarla alla luce: "Lo dobbiamo ai romani - dice - e ci
aspettiamo ancora sorprese".
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