NEW YORK - Nei giorni della pandemia l'America scopre Alessandro Manzoni: la prima traduzione inglese in quasi mezzo secolo dei capitoli sulla peste dei Promessi Sposi è stata messa online dal sito LitHube e la loro attualità è risuonata piùforte che mai nella conversazione virtuale tra Stefano Albertini, il direttore della Casa Italiana Zerilli Marimò della New York University, e Michael Moore, il traduttore che da anni è al lavoro sulla grande opera dello scrittore italiano. L'incontro tra Albertini, bloccato a Bozzolo in provincia di Cremona durante un anno sabbatico, e Moore, nella cucina della sua casa newyorchese, è avvenuto in diretta Facebook nell'ambito della serie #TuttiaCasa organizzata dalla Casa italiana dopo la chiusura temporanea della sede per l'emergenza virus.
Moore ha letto stralci dei capitoli del romanzo che uscirà in traduzione nel 2021 con The Modern Library, una collana fondata negli anni Venti per fornire ai lettori americani una selezione di titoli della migliore letteratura europea. Tra i temi in discussione il perché negli Usa sotto Coronavirus Manzoni è stato dimenticato, mentre il parallelo letterario più evocato è "La Peste" di Albert Camus. Tante le ragioni, secondo Moore che, oltre ad essere l'interprete della Rappresentanza Permanente all'Onu, si è cimentato con testi di Moravia, Primo Levi ma anche Edgardo Franzosini, Fabio Genovesi, Erri De Luca e Nicola Gardini: da un lato lo sfondo religioso e più in particolare cattolico dei Promessi Sposi, ma anche il fatto che la letteratura francese negli Usa è partita avvantaggiata perché la Francia è diventata nazione prima dell'Italia e molto prima dell'Italia ha avuto una sua unica lingua.
Moore ha poi puntato riflettori sull'accuratezza di Manzoni nella descrizione della peste del 1630 pur scrivendone due secoli dopo: "Non puoi trovare descrizioni epidemiologiche più accurate, non solo della diffusione del contagio ma anche delle reazioni da parte della gente comune e dei leader politici e religiosi". Nel romanzo, come allora oggi, "si cercano molti capri espiatori mentre lo sforzo di identificare il 'paziente zero' si trasforma nella percezione del virus come importato da stranieri".
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