Paolo Petroni Se una cosa ci ricorda questa pandemia è che la natura è sempre più forte, più resistente dell'uomo. Non per nulla molti scrittori (e poi drammaturghi, registi di film e artisti diversi) da sempre hanno raccontato e creato storie esemplari, tra cronaca e metafora, su pestilenze, epidemie e altri cataclismi che cancellano o quasi il genere umano dalla terra e ne mettono a nudo la sua vera natura. Allora questi romanzi, queste cronache di day after, queste supposizioni di arrivo al limite e di salvezza in extremis, con cui viviamo una qualche consonanza, possono essere qualcosa che ci aiuta a capire e riflettere su quel che ci sta accadendo in questo inizio 2020, magari a metabolizzarlo in qualche modo, così da ripartire, come si dice ora, sapendo almeno un poco di più chi siamo.
Ecco allora un libro in cui alcune coincidenze ci possono sembrare davvero curiose, ''Anna'' di Niccolò Ammaniti (Einaudi, pp. 280 - 19,00 euro), scritto nel 2015 e la cui idea, racconta l'autore, si lega all'epidemia della Sars, malattia respiratoria che percorse il mondo tra il 2003 e 2004. Il romanzo racconta di un morbo terribile, una pestilenza detta ''la Rossa'' (come quella narrata da Jack London o M.P. Shiel) che uccide tutti gli adulti e risparmia solo i bambini sotto i 14 anni (che è quello che salvo eccezioni fa il Covid-19), ma non solo, all'inizio si legge: Anna Salemi ''lasciò il Podere del gelso il 30 ottobre 2020'', perché tutto si svolge in questo nostro anno, con la protagonista che ha 13 anni. E si tratta di un virus che fa crescere la febbre sino a togliere il fiato e non far più respirare. Quanto basta per non smettere più di leggere.
Siamo in Sicilia e la pandemia, che è nata non in Cina ma in Belgio, ha ridotto il mondo a un luogo desolato, le città a sorta di luoghi abbandonati, di edifici scheletrici, devastati dai saccheggi, o paesi e villaggi pieni di cadaveri, e in questo panorama si muovono come bestie bambini inselvatichiti e sporchi in perenne cerca disperata di cibo. Con loro girano, diventati non meno selvatici e affamati, quindi pericolosi, branchi di cani randagi. Anna ha un'obiettivo in tanta tragedia, quello di ritrovare e ''salvare'' il proprio fratellino Astor.
Come nella maggioranza dei romanzi di fantascienza o semplicemente distopici su pestilenze e pandemie, anche in questo al centro c'è una vicenda d'amore, un incontro che mostra l'importanza e la forza dei sentimenti, il segno che nel loro nome c'è sempre un futuro e il desiderio di sperare nel domani.
Un romanzo insomma inevitabilmente nero, pulp, ma che vira al fiabesco, in un'ottica quindi molto diversa da ''Il signore delle mosche'' di Golding, nell'indagare cosa farebbero i bambini, nella loro innocenza, talvolta anche feroce, se restassero soli sulla terra. Il tutto purtroppo con un po' troppe ovvietà e una scrittura poco ricercata e fiacche metafore che ne fanno l'opera meno riuscita di Ammaniti, anche se pure queste pagine possono aiutarci a riflettere in questi giorni.
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