"I tedeschi facevano paura. Avevo solo 5 anni, ma ricordo bene le guardie e i prigionieri, li vedevo dalle finestre di casa". A raccontare all'ANSA, alla vigilia del Giorno della Memoria, quello che era il campo di prigionia di Servigliano, paese di 2.200 abitanti in provincia di Fermo, è Vittorio Seri, 84 anni. "Anche se ero bambino all'epoca - aggiunge -, certe cose restano impresse nella mente, come quando un tedesco ammazzò un ebreo in mezzo a un campo di grano".
Storie e ricordi che sono custoditi nella Casa della Memoria, la cui sede è stata realizzata in quella che il presidente dell'associazione Giordano Viozzi, chiama "la stazione del dolore". "I prigionieri arrivavano a Servigliano con i treni che facevano scalo proprio in questa stazione, con il binario che passava a cinque metri dal campo di internamento", racconta il presidente. Che ripercorre la storia del campo, oggi trasformato in un attrezzato parco giochi ribattezzato il "Parco della Pace". "Il campo di prigionia - spiega Viozzi - venne costruito durante la Prima Guerra Mondiale per la detenzione di soldati austroungarici, poi nella seconda guerra mondiale prima venne usato per la detenzione di soldati angloamericani e dal 1943 al 1944 come campo di concentramento per ebrei in attesa della loro deportazione. Infine - ricorda Viozzi - fu un centro di accoglienza per profughi giuliano-dalmati fino al 1955 quando venne chiuso e si avviò, attraverso decenni, la trasformazione dell'area". "In Parlamento - aggiunge il presidente - è stato avviato l'iter legislativo, grazie anche all'interessamento della senatrice a vita Liliana Segre e del senatore fermano Francesco Verducci, perché il campo di Servigliano diventi un monumento nazionale".
Di ciò che era il campo di prigionia è rimasto il muro di cinta, con addirittura il filo spinato risalente al conflitto del 1915-1918, ma è ben visibile - seppur richiusa - pure la breccia attraverso la quale fuggirono alcuni prigionieri prima dell'arrivo dei tedeschi, e sono rimaste anche alcune casette dove i soldati dormivano o montavano di guardia. Visibile, all'interno del perimetro, anche un vecchio rudere. "Era l'ex mensa delle guardie e si intravede ancora il lavandino dell'epoca - spiega Viozzi -. Grazie all'interessamento dell'amministrazione comunale e della Soprintendenza Archeologica, Belle Arti e Paesaggio, presto inizieranno i lavori per recuperare questo edificio e farne un museo aggiuntivo per tenere viva la memoria di questo luogo che ha conosciuto tanto dolore".
Come viene ricordato nei diari scritti dai prigionieri e ritrovati nel corso degli anni o nelle targhe all'ingresso del parco: "In questo luogo - si legge - a partire dall'ottobre 1943 furono imprigionati ebrei... 31 furono deportati nell'abisso dei lager tedeschi. Solo 3 sopravvissero alle barbarie nazifascista".
Riproduzione riservata © Copyright ANSA