Aveva cambiato casa, oltre 30 anni fa, per trovarne una grande abbastanza da contenere tutti i suoi libri, che la famiglia, dopo la sua morte, nel 2016, ha donato allo Stato. Ora la collezione di titoli rari di Umberto Eco, che era custodita in una stanza con vista sul castello Sforzesco, ha traslocato alla Biblioteca Braidense, in uno studiolo che ricorda da vicino la 'stanza degli antichi' dello scrittore. Non a caso nello studiolo, accanto alla sala manzoniana e accessibile agli studiosi, non sono stati riuniti solo gli oltre 1.300 titoli rari appartenuti al filosofo, disposti proprio come li aveva ordinati lui, ma anche oggetti personali come i flauti, i bastoni, fumetti, pupazzetti dei Peanuts e persino dei testicoli di cane in formalina.
"La stanza degli antichi - raccontano Renate, Carlotta e Stefano Eco - fu da subito il rifugio di Umberto, senza telefono, senza computer, con gli spartiti e i suoi flauti, che suonava quasi ogni giorno". "Umberto era fiero della rarità di molti dei suoi acquisti, e li mostrava - ricordano - ai familiari e ai pochi amici ammessi nella stanza con l'orgoglio e il sorriso del collezionista appassionato. Ai nipoti mostrava con divertimento gli animali, i mostri e le creature dai libri di Aldrovandi e Kircher, agli altri anche l'Atalanta fugiens colorata di Meyer, o la splendida composizione delle pagine della Hypnerotomachia Poliphili, stampata da Aldo Manuzio nel 1499".
Fin da subito, la famiglia ha voluto che questi libri, tra cui 36 incunaboli, come il De Civitate Dei (1470) e l'Hypnerotomachia Poliphili (1499), fossero accolti dalla Biblioteca Braidense, dove Eco aveva lavorato fino dagli anni Cinquanta, mentre la sua biblioteca di lavoro - composta dall'archivio e oltre 35mila volumi moderni - andrà all'università di Bologna, dove il filosofo insegnò per più di 40 anni. E proprio gli accademici di Bologna hanno collaborato alla mostra "L'idea della biblioteca. La collezione di libri antichi di Umberto Eco alla Biblioteca Nazionale Braidense", che da domani esporrà - per la prima volta al pubblico - una selezione dei volumi antichi provenienti dalla 'Bibliotheca semiologica, curiosa, lunatica, magica et pneumatica' del grande intellettuale.
A curare la mostra, anche James M. Bradburne, direttore della Pinacoteca di Brera e della Biblioteca Braidense: "Incontrai Umberto Eco nel novembre 2015 per discutere la possibilità di scrivere le prime didascalie d'autore a Brera - racconta - Si tirò indietro, poiché molto stanco, ma con la promessa di farlo non appena se la sentisse. Umberto Eco morì solo poche settimane dopo, il 19 febbraio 2016. In quello stesso anno parlai con Renate della possibilità di collocare i libri antichi di Umberto nella Biblioteca Braidense".
La mostra espone 82 volumi, di cui 62 del Fondo libri Umberto Eco, 19 della collezione Biblioteca Braidense e 1 del The Warburg Institute. Il percorso espositivo si apre con due teche dedicate proprio al Warburg Institute: Umberto Eco condivideva infatti con Aby Warburg, storico dell'arte e del Rinascimento italiano (1866-1929), il principio della legge del buon vicino, secondo cui il libro di cui abbiamo bisogno è solitamente accanto a quello che stiamo cercando. Proseguendo lungo il percorso, ogni teca porta il nome di un capolavoro di Eco, da Il Nome della Rosa a Il Pendolo di Foucault, in un viaggio alla scoperta dei testi antichi cui attinse lo scrittore per nutrire la sua immaginazione.
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