Il coraggio, la libertà di essere, il valore del verbo 'curare' invece di 'lottare' contro la malattia: è il ritratto di Michela Murgia delineato dalle testimonianze di alcuni amici scrittori, raccolte dall'ANSA.
"Mi piacerebbe dire che essere stata amica di Michela Murgia mi ha dato un punto di vista sulla sua letteratura diverso da chi l'ha semplicemente conosciuta in forma scritta, adesso che sono rimasti solo i suoi libri e i suoi scritti sparsi, so che non è vero. La memoria è un sentimento", dice Chiara Valerio.
Per Marco Missiroli, Murgia "è un sentimento letterario. Conoscerla, entrare nei suoi libri, dialogarci, ascoltarla, ha fatto in modo che la parola 'leggere' volesse dire 'comprendere'. Dove comprendere significa: libertà di essere. Di lei rimane tutto, di lei rimane una letteratura dell'esistenza".
"Se n'è andata una grande scrittrice capace di fare letteratura anche fuori dai libri", sottolinea Teresa Ciabatti.
E Mario Desiati definisce Michela Murgia "una scrittrice e una intellettuale illuminata che ha acceso e affilato il pensiero dei suoi lettori. L'intelligenza degli scritti e il coraggio delle sue idee nuove sul mondo sono sempre state espresse rimanendo dalla parte delle persone e dell'umanità.
Michela - racconta Desiati all'ANSA - mi ha insegnato che l'amore va oltre ogni purezza e oltre ogni legame di sangue, mi ha mostrato che essere liberi e scomodi ha un prezzo salato sulla propria libertà e le proprie comfort zone. Ci ha raccontato questi ultimi mesi il valore del verbo 'curare' invece di 'lottare', perché i malati che muoiono non sono sconfitti, ma esseri umani, noi umani prima o dopo andiamo via da qui. A Michela non piaceva ricevere i bouquet con fiori recisi, bensì una pianta o un albero con le radici integre".
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