Mercoledì 8 gennaio Elvis Aaron Presley avrebbe compiuto 90 anni: oggi i bookmakers inglesi quotano a cinquemila la sua ricomparsa con prove inconfutabili.
Nel 2016 la quota era a duemila, come l'elezione di Kim Kardashian a presidente degli Stati Uniti: a cinquemila era data la vittoria in Premiere League del Leicester. Tutti sappiamo come andò a finire: guidata da Claudio Ranieri la squadra vinse il campionato e quell'impresa, una delle più mirabolanti sorprese della storia dello sport, costò ai "bookie" una cifra che va dai 25 ai 50 milioni di sterline. Qualcuno che continua a scommettere sul ritorno di "The King" ci sarà di sicuro, come è probabile che in questa epoca di Longtermismo e complottismi sempre nuovi, ci sarà una lobby di adoratori di Elvis convinti che sia tenuto in catene in un laboratorio dove si studiano nuovi vaccini o nei sotterranei di una fondazione dove si elaborano nuove forme di coesistenza civile tra gli Stati.
E se tornasse chi gli spiegherebbe cos'è l'autotune oppure il fatto che potrebbe anche non scomodarsi a tornare tanto a riprodurre la sua voce ci pensa l'intelligenza artificiale? Come reagirebbe il povero Elvis alla notizia che in questo Natale "White Christmas" è diventato un duetto tra Bing Crosby e V dei BTS e che ora la musica della Corea si chiama K Pop e ha conquistato il mondo? Lui, che di certo non era un progressista, trasformerebbe Graceland in una fortezza inespugnabile come i protagonisti di "1941 - Allarme a Hollywood"? Tornando alla realtà e tenendosi lontano dall'industria del ricordo che fa di Graceland, il suo villone di Memphis, uno dei monumenti più visitati degli Stati Uniti, quel che resta davvero di Elvis è il mito fondante del Rock'n'roll: non l'ha inventato lui ma è lui che l'ha fatto diventare la colonna sonora di un rivoluzione epocale guidata da un nuovo soggetto sociologico, il giovane.
Per dirla molto in breve, nell'industria del rock tutti gli devono qualcosa, e non soltanto, com'è ovvio, i cantanti super star. Pensiamo al contributo immenso dato alla codificazione del rock'n'roll dal leggendario trio di accompagnatori della prima ora, Scotty Moore, chitarra, Bill Black, basso e DJ Fontana batteria: sono loro che apparvero dall'Ed Sullivan Show, sono loro che hanno indicato la strada alle generazioni a venire. Ma non solo: ad allargare il campo prima di Elvis non si era mai vista una simile forma di divismo così apertamente legata al potere sovversivo della musica e della sessualità esplicita.
La sua assurda vicenda di divo prigioniero del suo manager, il Colonnello Parker, di se stesso e delle sue contraddizioni fa dimenticare che Elvis è stato un cantante immenso ben al di là del suo personaggio, del suo triste declino di stella caduta a Las Vegas della sua morte prematura a 42 anni, nel bagno di Graceland. Va anche considerato che Presley è cresciuto nel tempo accelerato della nascita del rock: nel 1955 era un dio alla testa di una rivoluzione, nel 1964, quando i Beatles apparvero all'Ed Sullivan Show, era già superato, nel 1968, l'anno del suo clamoroso ritorno, per il pubblico era un vecchio (aveva trentatre anni), quando è morto nel 1977 già c'era il Punk e lui era un dinosauro. Vaglielo a dire a Mick Jagger.
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