A 80 anni dal 16 ottobre 1943, giorno
del rastrellamento di 1.024 ebrei a Roma, i Musei Capitolini - a
Palazzo dei Conservatori - inaugura la mostra 'I sommersi. Roma,
16 ottobre 1943'. Aperta fino al 18 febbraio, l'esposizione
commemora la tragica vicenda storica attraverso l'esposizione di
documenti, giornali, disegni, fotografie ma soprattutto oggetti
della vita quotidiana dei 'sommersi', donne, uomini, bambini
arrestati quel giorno e mai più tornati. A loro e alle loro
storie la mostra, a cura di Yael Calò e Lia Toaff, si vuole
restituire un'identità e un riconoscimento proprio attraverso il
ricordo. "E' un importante progetto di memoria - ha commentato
il sindaco Roberto Gualtieri alla presentazione della mostra -
soprattutto in questo periodo non devono sparire i ricordi e
questa esposizione lo fa ricordando la vita quotidiana di chi
non ce l'ha fatta". "Sono pagelle, foto ricordo, grembiulini,
diari - ha commentato Victor Fadlun, presidente della Comunità
Ebraica di Roma - sono oggetti che fanno entrare nell'intimità
dei deportati". "Il titolo della mostra - ha spiegato Riccardo
Di Segni, Rabbino Capo della Comunità Ebraica di Roma - è preso
dal libro di Primo Levi 'I sommersi e i salvati'; in questo caso
però nessuno si è salvato. Questa mostra - prosegue Riccardo Di
Segni - vuole sì ricordare la storia ma soprattutto indurre le
persone a pensare e a impegnarsi a costruire una società
migliore". La mostra, dal forte impatto emotivo anche per la
presenza di effetti sonori e un grande panello video con i nomi
dei sommersi, è un viaggio nella storia, nell'angoscia e nella
violenza che subirono gli ebrei arrestati.
"E' anche percorso che mette al centro la città di Roma"
spiegano le curatrici della mostra - divisa in 26 zone dai
nazisti per far sì che gli arresti potessero coinvolgere tutti i
quartieri della Capitale, descritti lungo il percorso espositivo
attraverso le storie delle persone catturate". La mostra è
promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Cultura,
Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, Comunità Ebraica di
Roma e Fondazione per il Museo Ebraico di Roma, ed è stata
possibile anche grazie al contributo di opere e materiali di
alcune famiglie prestatrici.
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