La Parigi degli anni '20, il
periodo folle della Ville Lumière, con la sua vita notturna, le
sue prostitute, ma anche i grandi quartieri operai, gli artisti
e i monumenti iconici. A raccontarla con i suoi scatti unici è
il fotografo Brassaï, pseudonimo di Gyula Halász, ungherese poi
naturalizzato francese che è considerato l'occhio di Parigi.
E si intitola proprio così infatti la mostra che Milano gli
dedica a Palazzo Reale.
Dal 23 febbraio al 2 giugno dove si potranno ammirare circa
200 scatti, che sono stampe d'epoca quindi sviluppate
direttamente dal maestro, grazie alla collaborazione con
l'Estate Brassaï Succession. La retrospettiva è curata da
Philippe Ribeyrolles, studioso e nipote del fotografo che
detiene un'inestimabile collezione di stampe e un'estesa
documentazione relativa al suo lavoro di artista.
Le fotografie dedicate alla vita della capitale francese -
dalla vita degli operai ai grandi monumenti simbolo, dalla moda
ai ritratti degli amici artisti, fino ai graffiti e alla vita
notturna - sono oggi immagini iconiche. "Esporre oggi Brassaï
significa - afferma Philippe Ribeyrolles, curatore della mostra
- rivisitare quest'opera meravigliosa in ogni senso, fare il
punto sulla diversità dei soggetti affrontati, mescolando
approcci artistici e documentaristici. Significa immergersi
nell'atmosfera di Montparnasse, dove tra le due guerre si
incontravano numerosi artisti e scrittori, molti dei quali
provenienti dall'Europa dell'Est".
Brassaï era un ragazzo del 1899 ed era nato il 9 settembre
quindi, per questa strana ricorrenza del numero 9 nella sua
vita, la mostra di Milano è divisa in 9 sezioni. Il fotografo è
stato tra i primi, in grado di catturare l'atmosfera notturna
della Parigi dell'epoca e il suo popolo: lavoratori, prostitute,
clochard, artisti, girovaghi solitari. Il tutto con l'abilità di
raccontare senza giudicare. Interessante anche il suo approccio
ai murales parigini, la sua esplorazione dei muri di Parigi e
dei loro innumerevoli graffiti testimonia il legame di Brassaï
con le arti marginali e l'art brut di Jean Dubuffet.
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