(di Luciano Fioramonti)
"Nella mia casa di infanzia abitavano
malattia e morte. Non ho mai superato l'infelicità di allora".
Così si raccontava Edvard Munch offrendo la chiave per capire
quanto anche il senso del celebre Urlo, manifesto della
condizione umana stretta nella morsa delle inquietudini dei
tempi moderni, affondi le radici nel dolore sofferto fin da
bambino che lo avrebbe accompagnato per tutta la vita. Ci sarà
anche una delle versioni litografiche di quel quadro-icona
inamovibile, dipinto a 30 anni nel 1893, tra le cento opere
arriveranno a Milano dal Munch Museum di Oslo per la grande
retrospettiva ''Munch. Il grido interiore'' che Palazzo Reale
dedica al pittore norvegese dal 14 settembre al 26 gennaio 2025.
Il capoluogo lombardo, dopo aver ospitato l' ultima sua mostra
40 anni fa, torna così a riflettere sull' artista che più di
altri ha saputo incarnare il malessere esistenziale tra la fine
dell' Ottocento e l' alba del nuovo secolo con i volti senza
sguardo, i paesaggi stralunati, l'uso potente del colore
trasformando le sue opere in messaggi universali. L' omaggio a
Milano, che avrà una seconda tappa a Roma all' inizio del 2025,
vuole però andare oltre l' elemento biografico che pure ebbe il
suo peso rilevante, per offrire di Munch un profilo più
articolato e completo, allargando lo sguardo agli aspetti
privati e poco conosciuti presentando non solo dipinti ma anche
i suoi taccuini, uno dei quali sul viaggio in Italia, le
fotografie e i filmati amatoriali, le altre due sue passioni.
Edvard Munch (1863-1944), precursore dell'Espressionismo e
tra i massimi esponenti simbolisti dell'Ottocento, ha avuto la
vita è segnata da grandi dolori che lo hanno portato ai limiti
della follia: prima la perdita prematura della madre e della
sorella, poi la tragica morte del padre, la tormentata relazione
con la fidanzata Tulla Larsen. Tutto questo, suggeriscono i
curatori, lo ha portato a trasformare il suo grido interiore in
opere d'arte. La mostra, curata da Patricia G. Berman, una
delle più grandi studiose al mondo del pittore, e prodotta da
palazzo Reale e Arthemisia si sviluppa in dieci sezioni e
racconterà il mondo dell'artista, i rapporti con gli artisti del
suo tempo, gli affetti, la famiglia, con le opere concesse
eccezionalemente del museo di Oslo. ''L' Italia è stata
riferimento per tanti artisti norvegesi e per Munch - ha detto
Tone Hansen, la direttrice, presentando a Roma la mostra con l'
ambasciatore di Norvegia in Italia, Margit Fredrikke Tveiten,
ricordando che la ricerca dell' artista sulla visione del reale
e la sua attenzione ai suoni, ai colori e alle stesse vibrazioni
dell' aria di elaborazione lo collocano tra i grandi nomi del
'900. ''L' urlo è un grido silenzioso che trasforma il cielo e
il paesaggio visibile in onde sonore''.
L' aspetto visivo è, appunto, uno dei temi centrali della
mostra, la realtà letta con il filtro interiore. ''Non dipingo
la natura, mi nutro di essa - disse nel 1928 - Non dipingo ciò
che vedo ma ciò che ho visto''. Patricia Berman ha messo in
luce il valore i Munch nell' indagare il rapporto instabile tra
il mondo visibile e la sfera percettiva. '' I colori si
scontrano - ha osservato - non è importante solo la vista ma la
percezione sensoriale. L' urlo è a trasposizione dell' emozione
in materia''. Per Domenico Piraina, direttore di Palazzo Reale,
il giudizio su Munch non può essere ricondotto alle sue pur
infelicissime vicende biografiche, la sua opera è divenuta
universale perchè ''parla agli uomini di ogni tempo e latitudine
con un linguaggio innovativo inserito nel quadro della cultura
europea''. Costantino D' Orazio, direttore della Galleria
Nazionale dell' Umbria ma in questo contesto tra i curatori, ha
sottolineato che si è voluto puntare sull' intreccio tra il
Munch privato e iconico, mostrando il suo sguardo psicanalitico
della pittura e delle immagini e l' uso non naturalistico del
colore.
Plasmato dal naturalista norvegese Per Lasseu Krohg, col
quale cominciò la carriera pittorica nel 1880, Munch si spostò a
Parigi nel 1885 e qui subì le influenze impressioniste e
postimpressioniste che gli suggerirono un uso del colore più
intimo, drammatico ma soprattutto un approccio psicologico. A
Berlino, dove contribuì alla formazione della Secessione
Berlinese, nel 1892 tenne la sua prima personale, disprezzata e
considerata scandalosa. Da allora Munch incarnò la figura
dell'artista eversivo e maledetto tanto che in seguito il
Nazismo incluse le sue opere tra quelle ''degenerate'' di altri
artisti messi all' indice. La vita precaria e vissuta "sull'orlo
di un precipizio" lo portò all'alcolismo e a una crisi
psicologica, fino al ricovero in alcune case di cura tra il 1908
e il 1909. Scegliendo l'isolamento, si spostò quindi nella sua
proprietà di Ekely a Oslo fino alla morte nel 1944, un mese
aver compiuto ottanta anni.
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