La Frick Collection riapre con tocchi italiani: marmi importati dalla Penisola e lampadari di vetro di Murano sono stati usati nella ristrutturazione del museo gioiello di New York che il 17 aprile tornerà ad accogliere visitatori come deciso per testamento dal fondatore, il tycoon dell'acciaio Henry Clay Frick.
Descrivendo i piani per la sua futura villa su Fifth Avenue, Frick aveva scritto che la voleva "comoda, semplice, di buon gusto e non appariscente".
Come tutto sia relativo, lo dimostra la nuova incarnazione della mansion che raccoglie i Tiziano, Rembrandt, Turner, Van Dyck, Fragonard, Whistler e l'iconico San Francesco nel Deserto di Giovanni Bellini lasciati da Henry in custodia alla figlia Helen - all'epoca la donna non sposata più ricca d'America - e da questa nel 1935 alla città di New York.
La Frick Collection, presentata oggi alla stampa internazionale, riaprirà i battenti dopo quattro anni in trasferta nella ex sede del Whitney su Madison Avenue e lavori di restauro ed espansione da circa 300 milioni di dollari. Con i colleghi dello studio Beyer Blinder Belle e l'esperto di giardini Lynden Miller, l'architetta Annabelle Selldorf - al suo attivo la metamorfosi della mansion dei Vanderbilt nella Neue Galerie di Ronald Lauder - ha firmato la trasformazione che include i marmi Breccia Aurora di un nuovo scalone, mentre i lampadari delle vetrerie Seguso a Murano rendono omaggio a quelli da decenni installati nella casa originale.
Completata nel 1914, la villa fu disegnata da Thomas Hastings che aveva appena firmato, 30 isolati a sud, l'edificio Beaux Arts della New York Public Library. Adeguare l'involucro storico alle esigenze di un museo del XXI secolo ha chiesto sacrifici: la music room disegnata da John Russell Pope (l'architetto del Jefferson Memorial a cui Helen Frick aveva affidato la trasformazione da casa in museo) è stata demolita per far spazio a gallerie per mostre temporanee, mentre un nuovo auditorium da 218 persone è stato ricavato scavando nel sottosuolo.
Come Frank Gehry nel 2021 al Philadelphia Museum of Art, Selldorf ha lavorato da 'cardiologa degli interni', liberando corridoi e inventando nuove arterie di circolazione. Tra i pezzi forti c'è la nuova scala a sbalzo, sospesa nello spazio e rivestita di marmi importati dal bresciano (porta al negozio e al ristorante da 70 posti) che fa da pendant allo storico scalone su cui i Frick accedevano al piano nobile, quest'ultimo per la prima volta aperto al pubblico. Nel nuovo allestimento del chief curator Xavier Solomon, quadri di Piero della Francesca, Filippo Lippi, Gentile da Fabriano e Paolo Veneziano acquistati da Helen sono ora appesi nella sua camera da letto, mentre il ritratto di Emma Hart, la Lady Hamilton che amò Horatio Nelson, fu, secondo Solomon, l'ultimo dipinto su cui si posarono gli occhi di Frick prima di morire nel 1919.
Sic transit gloria mundi: dopo aver accumulato favolose ricchezze con i brutali metodi dei "robbers barons" dei primi Novecento e dopo aver sfidato sul mercato dell'arte magnati come i Morgan, i Rockefeller e i Mellon, Frick abitò su Fifth Avenue con i suoi capolavori per appena cinque anni, racconta The Fricks Collects, il nuovo libro di Ian Wardropper, che dal 2011 è stato direttore del museo e pochi giorni fa ha passato il testimone a Axel Rüger, uno storico dell'arte tedesco proveniente dalla Royal Academy di Londra e prima ancora dal museo Van Gogh di Amsterdam.
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