Un cordone ombelicale tagliato nel buio a sottolineare con una nascita un segno di vita, dove intorno ci sono macerie, case che vanno a fuoco, animali scheletrici, morti nelle strade, persone che raccolgono la neve in catini d'acciaio: immagini al limite del sopportabile dalla città fantasma di Homs, una volta la terza della Siria, ora distrutta e appena una settimana fa ‘liberata’ dai ribelli e dopo due anni di feroce assedio nell'indifferenza-impotenza del mondo tornata in mano ai lealisti del presidente Assad. Sul festival di Cannes, fuori concorso con l'opera 'Silvered Water. Syria self-portrait' irrompe nel modo più scioccante possibile la questione siriana. Ossama Mohammed, tra i più noti registi siriani, è esule a Parigi da tre anni dopo che proprio al festival di Cannes nel 2011 era intervenuto a parlare della tragedia del suo popolo che cerca di rovesciare il regime e per questo è stato condannato a morte e costretto a non rientrare nel suo Paese. Wiam Simav Bedirxan, videomaker siriana di origine curda, ha vissuto l'assedio di Homs sulla propria pelle, vivendo l'esperienza della morte del figlio, della madre e del fratello. Ora è tra i civili usciti dalla città e sta raggiungendo Cannes dalla Turchia. Ossama e Wiam Simav hanno costruito a distanza skype questo film, lui a Parigi, lei a Homs, e domani per la prima volta si incontreranno. E’ una storia che non lascia indifferenti e che oltre a mostrare spezzoni di reale disumanità cui non dovremmo mai abituarci racconta un’essenza di cinema, che non e’ certo un fantasy in 3D, ma un documento storico. ''Tutto è distrutto intorno a me – dice Wiam Simav – se non sopravvivrò lascerò il mio footage a raccontarmi. Sopravvivere qui è la più forte delle scelte possibili’’.
E Ossama Mohammed quando ha cominciato a sentire il ‘peso’ del suo essere artista e a maturare cosa poter fare concretamente, ha deciso di lasciare la Siria per parlare al festival di Cannes, quindi al suo ambiente, di quello che stava accadendo. Era il 9 maggio 2011, ''arrivavo a Cannes senza un film. Io sono il film''. L'idea di Silver Water nasce dalle immagini che il regista ha cominciato a vedere su YouTube, postate da giovani siriani di Damasco, Dar’A, Damma, Bonyas, Lakitia, una generazione di filmaker, che non hanno mai studiato il cinema né hanno avuto la possibilità di frequentare scuole, ma che con i loro post documentano quello che accade in Siria , in termini di umiliazioni, torture, repressione, fame, distruzione ovunque. Anche sapendo che facendo questo il giorno dopo potrebbero essere uccisi, come si vede accadere brutalmente ad alcuni di loro nel film. Al posto di Hiroshima mon amour, chiamiamolo Syria mon amour, si dice ad un certo punto del film. E’ cinema questo? ''Il realizzare che queste immagini della rete sono il modo che hanno per esprimersi mi ha fatto capire che il cinema può essere anche quello e così è nato questo progetto. C'è un cinema del realismo, del meraviglioso, della poesia, del fantasy nell'interpretazione di ciascuna singola immagine''. Silvered Water è costruito con 1001 immagini girate da 1001 filmaker, sono il documento originale della violenza e di come la ribellione in alcuni casi anche non armata viene piegata: ''guidato dal mio inesauribile amore per la Siria ho capito che il solo film che avrei potuto fare era editare il footage postato su Youtube. Nel Natale 2012, cercando di contattare i filmaker, via chat ho conosciuto Wiam Simav. Mi ha chiesto: ''Se la tua camera fosse qui ad Homs cosa vorresti che filmassi?. Il risultato è Silvered Water, un film fatto da milioni di siriani’’. Come sempre quando si parla di guerre o tragedie umanitarie, siamo particolarmente toccati da quello che accade ai bambini.
Questo film se ne occupa. Wiam Simav riesce durante l'assedio a tenere aperta orgogliosamente una piccola scuola. Un giorno chiede via chat a Ossama quale film consiglierebbe di far vedere loro. Da Parigi Mohammed consiglia Chaplin, le Luci nella città. Le immagini che la regista trasmette a lui sono di bambini che ridono a crepapelle mentre guardano Charlot. E’ una stretta al cuore l'immagine del giorno dopo: due di loro Yassim e Mariam sono colpiti dai cecchini e avvolti nelle vesti per la sepoltura. Resta Omar, un piccolo ragazzino orfano, con le sue gambette esili che si muove proprio come Charlot. Ma è ancora vivo e questo non è cinema.
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