All'idea di un film americano, sognando di sentirsi magari come uno di quegli ammirati "cineasti vagabondi" che hanno fatto Hollywood, da Lubitsch ad Inarritu ad Ang Lee, Paolo Virzì non ha osato pensare. "Non sono un regista migrante, mi sento italiano", dice e per questo quando i produttori gli hanno proposto The Leisure Seeker, tratto dal libro di Michael Zadoorian, viaggio on the road per le strade d'America che due coniugi anziani e malati scelgono per dire addio insieme alla vita, era tentato di dire no, "perché è bello anche rinunciare". E così "l'ho sparata grossa. Ai produttori che sognavano di far interpretare gli anziani Ella e John da due monumenti hollywoodiani Robert Redford e Jane Fonda, ho risposto che a me sarebbero piaciuti Helen Mirren e Donald Sutherland, immaginando per autodifesa che non avrebbero mai accettato. Invece hanno detto sì e questa pazzia americana che avevo temuto per paura di perdere la mia spontaneità, il mio stile, la mia voce e la mia lingua, è diventata realtà".
Una realtà che potrebbe portare Virzì lontano: applaudito oggi a Venezia 74 dove è in concorso per il Leone d'oro (in sala da 01 il 25 gennaio), il film sarà distribuito dalla Sony Pictures a dicembre, strategicamente per rientrare nella corsa all'Oscar. "L'Oscar? Molto divertente ma sono scettico. Gli americani ci pensano, loro sono fissati con la statuetta, a me fa già piacere essere a Venezia, sapere che lo vedranno in 90 paesi e che viene apprezzato", dice Virzì. A dimostrazione che l'America (per ora) è un episodio, il regista livornese annuncia il nuovo film "tutto italiano, anzi romano. Comincerò le riprese ad ottobre, con un cast italianissimo che annunceremo a breve. E per ora non ho altri progetti che non siano qui". Per interpretare questa storia commovente di amore coniugale senile, una ballad come quelle di Janis Joplin che sottolineano alcune scene del film, Paolo Virzì ha dato una "svolta" al suo stile: "A volte ho sopraffatto di trame e controtrame i miei film, qui ho cercato di non avere paura dei silenzi dei protagonisti, di essere meno frenetico, più languido, di essere quel regista invisibile che ho sempre amato diventare, aiutato dal carisma di questi due magnifici attori".
Un Virzì che film dopo film perde il proverbiale cinismo? "Forse, provare a guardare la vita in un modo più adulto non vuol dire essere saggi, ma più vulnerabili perché hai conosciuto i dolori, il tema della vita e della morte ti tocca personalmente e ci si interroga sull'anima e sul dopo e questo credo influenzi il mio racconto cinematografico. Vuol dire sono diventato romantico? Una volta mi sarei preoccupato, ora mi fa piacere".
E romantico è il fine vita insieme che preparano e mettono in essere i due protagonisti, lo smemorato John e la malata terminale di cancro Elle: qualcuno parlerà di posizione su un tema così tanto discusso in Italia, "per me è una fine trionfale, gliela invidio e credo che i figli ne siano contenti". E' proprio questo il cuore del film: "la libertà di scegliere la propria vita, in questo caso insieme, fino all'ultimo istante. In questo senso prendo posizione perché credo nella libertà di scelta, nella dignità della persona al di là delle leggi, delle abitudini e delle polizze della salute". Questa "sovversione, questo spirito ribelle che hanno nel non voler accettare di essere separati per curarsi è la cosa che più mi piaceva di questa storia".
Il film mostra un'altra America, non quella dei grandi scenari turistici, ma un paese meno visto e nell'adattamento dal romanzo al film volutamente è stato trovato un altro itinerario "meno pacchiano", evitando la meta Disneyland per scegliere il paradiso di Key West, lungo tutta la Route 1 "che per me è come l'Aurelia, la strada principale della mia vita". In questo on the road ci si imbatte in Trump, nella campagna elettorale, "ma non potevamo immaginare la sua elezione".