Era solo questione di tempo dopo
il referendum fallito per l'adesione dei dipendenti di un
magazzino Amazon a Bessemer in Alabama al sindacato: nella corsa
apparentemente inarrestabile di "Nomadland" verso gli Oscar si è
infilato un bastone tra le ruote. Il Los Angeles Times ha
raccolto oggi critiche secondo cui il film di Chloe Zhao è
troppo tenero nei confronti del colosso dell'e-tail per cui
lavora temporaneamente Fern, il personaggio interpretato da
Frances McDormand.
Tra le critiche raccolte dal quotidiano di riferimento a
Hollywood c'è un recente op-ed del reporter di ProPublica Alec
MacGillis secondo cui il pubblico "rischia di trarre un giudizio
benevolo sul prezzo che Amazon fa pagare ai suoi lavoratori".
Nel film della Zhao la nomade Fern si limita a dire che "Amazon
paga bene", sposando anzitempo la posizione su cui ha fatto leva
il colosso fondato da Jeff Bezos per indurre la maggioranza dei
dipendenti di Bessemer a respingere la richiesta di unirsi in
sindacato.
La Zhao ha schivato il problema: rispondendo a un giornalista
che le chiedeva perché il libro di Jessica Bruder che l'ha
ispirata sia più duro nei confronti di Amazon del suo copione,
la regista ha spiegato che non era sua intenzione fare politica:
"Mi piace presentare la realtà di come vive la gente, e dare a
voi lo spazio delle vostre interpretazioni".
L'accesso al centro di impacchettamento del Nevada di Amazon
ritratto nel film è arrivato grazie all'intervento della
McDormand: "Abbiamo chiesto e hanno risposto", ha detto
l'attrice che per il ruolo di Fern è candidata agli Oscar.
Quanto ad Amazon, un portavoce ha respinto le critiche,
ribadendo al Los Angeles Times che il programma CamperForce,
creato per dare impiego temporaneo a nomadi come Fern, "paga
almeno 15 dollari l'ora, fornisce il luogo dove parcheggiare il
furgone e tutti gli attacchi. Vediamo che molti tornano e ci
raccontano che sono stati bene".
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