Come sta andando al cinema E' stata la mano di Dio? "Mooolto bene", dice Andrea Occhipinti, distributore con la Lucky Red ed esercente con Circuito Cinema.
E in una specie di alfabeto morse ogni 'o' corrisponde ad un tot. Una cifra che potrebbe a fine sfruttamento in sala arrivare, secondo quanto apprende l'ANSA, ad 1 milione di biglietti strappati, più o meno 7 milioni di euro di incasso, un numero decisamente importante. Perché tanto mistero, a maggior ragione se è un successo? Il nuovo film di Paolo Sorrentino batte bandiera Netflix (realizzato da Lorenzo Mieli e da Paolo Sorrentino, prodotto da The Apartment) e per la policy del colosso americano dello streaming, il cui business è fare abbonati per la piattaforma, gli incassi non possono essere registrati, dunque sfuggono ai calcoli del Cinetel, la cui classifica aggiornata a ieri vede in testa Encanto, seguito da Cry Macho, Clifford, Ghostbuster: Legacy ecc, una top ten con un'assenza vistosa, quella appunto di Sorrentino. Né tantomeno comunicati alla stampa.
Non è la prima volta che la policy di Netflix viene applicata: accadde con Roma di Cuaron e con The Irishman di Martin Scorsese ad esempio, ma qui il caso è un tantino diverso, visto che E' stata la mano di Dio è il film che l'Italia ha candidato alla selezione per l'Oscar internazionale (shortlist il 21 dicembre), quindi un fuoriclasse e dunque si arriva al paradosso di un film italiano per regia, cast, storia, americano per produzione, invisibile per gli incassi in sala. A denti stretti produttori, esercenti, distributori accettano la vicenda, che è una nuova regola imposta da chi in questo momento è tra i dominatori del mercato, producendo anche film d'autore che splendono nei festival (Sorrentino ma anche The Power of the Dog di Jane Campion, tra i favoriti agli Oscar nelle 'predictions', Don't look up con Leonardo DiCaprio).
Il caso di Sorrentino è uno dei vari che ci raccontano come tutta la filiera dell'industria dell'audiovisivo sia in fase di giganteschi cambiamenti: E' stata la mano di Dio illumina uno degli aspetti, quello della perdita di valore del Cinetel, così come per la tv l'Auditel fotografa l'esistente della tv generalista che non è da tempo più rappresentativo dell'intero sistema in cui ci godiamo la visione di uno spettacolo, abituati come siamo a fare zapping nella smart tv che prevede decine di finestrelle pronte magicamente ad aprirsi tra Prime Video, Disney +, Netflix, ecc ecc. Volendo vedere nel futuro, sempre più Cinetel e Auditel saranno nel cassetto della memoria come il tubo catodico, il vhs e il dvd.
Tutto questo ha a che fare anche con il tema della programmazione cinematografica, con la dilagante moda dei 3 giorni evento in sala e poi dritti in streaming, moda utilitaristica (perché il passaggio nei cinema consente il contributo statale), ma anche accelerata dal Covid. A Sorrento, alle Giornate professionali del cinema appena concluse, se ne è parlato, con l'unanimità di conclusioni: windows, ossia le finestre tra sala e streaming, chiare e certe, che le categorie al governo chiedono a 30 giorni per tutti. Tutti i registi più o meno ambiscono al passaggio al cinema, ma non tutti hanno la forza di Sorrentino che ha contrattato 3 settimane di sala prima di andare in piattaforma. E allo stesso tempo, viste le possibilità dello streaming, non tutti i film dovrebbero accedere prima alla sala, anche perché, come si vede dal box office, il richiamo del pubblico per varcare le porte del cinema è moderato e ci si alza dal divano cui siamo abituati ormai solo per alcune eccezioni.
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