E' il primo agosto 2016: all'Auditorium Parco della Musica di Roma, di fronte a tremila spettatori, Dario Fo dà l'addio alle scene con una rappresentazione di uno dei suoi testi simbolo, Mistero Buffo. Le straordinarie immagini di quella serata fanno da linea rossa in un viaggio nell'opera, il coraggio artistico e politico, la personalità del grande attore e drammaturgo Premio Nobel (scomparso ad ottobre 2016) e di sua moglie, compagna di scena, di battaglie e di vita, Franca Rame (scomparsa nel 2013), in Dario Fo: L'ultimo Mistero Buffo, firmato dal nipote dell'attrice, Gianluca Rame, al debutto alla Festa del cinema di Roma nella sezione Freestyle. Un ritratto (prodotto da Clipper Media e Luce Cinecittà con Ctfr, in collaborazione con Rai Documentari con il patrocinio della Fondazione Fo Rame), costruito 'pescando' nelle oltre 400 ore di materiale audiovisivo della fondazione, fra messe in scena e interviste, ma anche immagini più famigliari e intime. A queste si aggiungono le interviste ad amici, ammiratori e colleghi, fra i quali, Dacia Maraini, Paola Cortellesi, Roberto Vecchioni, Gad Lerner, Stefano Benni, Lella Costa, Gianni Minà. "Nel ripercorrere tanto materiale - dice all'ANSA Gianluca Rame - mi ha colpito la coerenza di vita e politica di Dario e Franca, sono sempre stati leali con se stessi e con il pubblico". Ci si concentra in particolare sull'impatto politico e sociale delle opere di Dario Fo (che "resta l'autore italiano più rappresentato nel mondo" ricorda la nipote dei due artisti, Mattea Fo, presidente della Fondazione Fo Rame) diventate attraverso le riletture delle varie compagnie anche straordinario strumento di denuncia di ingiustizie, crimini e sopraffazioni avvenuti nei diversi Paesi. Un potere artistico legato all'oggi tracciato nel documentario anche seguendo il lavoro di due compagnie: una in Argentina con la messa in scena di Morte accidentale di un anarchico e una curda in Turchia, con la rappresentazione di Clacson Trombette e Pernacchi, già censurata dalle autorità turche. Un racconto della lotta per una società più giusta che Dario Fo e Franca Rame hanno realizzato rischiando anche in prima persona, subendo censure, finendo nel mirino delle forze dell'Ordine e, nel caso dell'attrice, diventando anche vittima nel 1973 di un sequestro e di ore di sevizie e violenza sessuale da parte di cinque uomini. "Il teatro popolare, che parla dei problemi e li porta in evidenza permette al pubblico di capire il significato di quello che sta succedendo intorno grazie all'ironia, ed è qualcosa che il potere non può accettare" spiega Fo in un'intervista. "Cancellati, allontanati, bastonati e vilipesi…. non posso neanche concepire che abbiano dovuto affrontare così tanti ostacoli" sottolinea Paola Cortellesi. "Li ammiravo - spiega Gianni Minà - come italiani capaci di denunciare qualcosa e di sopportare anche quello che poteva essere il prezzo da pagare". Per 50 anni sono stati "attenzionati, spiati inseguiti alla ricerca della pistola fumante dell'eversione che non c'è mai stata e che loro hanno sempre negato - ricorda Gianluca Rame -. Si sentivano accerchiati, ma sapevano che la loro grande forza era il pubblico che seguiva i loro spettacoli. Arrivavano a un milione, un milione e mezzo di spettatori all'anno, riempiendo i palazzetti".
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