Il primo contratto nazionale in Italia per gli attori vedrà la luce nel 2024, almeno questo è l'auspicio, basato sullo stato avanzato del confronto dei sindacati con i produttori, ai quali partecipa la delegazione trattante di Unita, l'associazione di attrici e attori che tutela la dignità professionale dei propri associati e promuove iniziative di informazione e formazione per lo sviluppo del settore dello spettacolo.
"Siamo ottimisti, siamo in fase molto avanzata, si chiuderà presto" dice con orgoglio la presidente Vittoria Puccini. Fabrizio Gifuni le è accanto a testimoniare un impegno forte di tutti, sottolineando "l'assurdità che fino ad oggi l'Italia, a differenza di tanti paesi, non abbia ancora un accordo nazionale con tutto quello che deriva in fatto di tutele".
Nata in modo informale durante il lockdown, Unita che vede nel direttivo Mia Benedetta, Paolo Calabresi, Francesca Romana De Martini, Francesco Bolo Rossini, Fabrizia Sacchi, Stefano Scherini, Pietro Sermonti, Thomas Trabacchi e tra i 111 fondatori nomi famosi dell'audiovisivo, da Claudia Gerini a Stefano Accorsi, da Edoardo Leo a Paola Cortellesi e decine di altri, "conta oggi circa 1700 iscritti", annuncia Puccini, "cui viene data ad esempio una prima tutela legale". Il bilancio di un tempo di lotte e conquiste per "Diverse interpretazioni, uguali diritti" come recita la loro campagna con Urban Vision, oggi a Roma nel giorno in cui ci sarà anche un evento di raccolta fondi per l'associazione, non può prescindere dal commento, totalmente negativo, sul decreto che recentemente ha stabilito l'indennità di discontinuità, che gli attori definiscono piuttosto di "indegnità". "Non è uno strumento vero, qualcosa di strutturale e sufficiente che ci possa tutelare nei periodi di inattività che per noi sono ideazione, studio, formazione, prove - spiega Gifuni - ma un bonus, un contentino una tantum assistenzialista e questo è una sconfitta". Gli attori 'militanti', che da 4 anni, lottano innanzitutto per sfatare i pregiudizi che essere interprete non sia una professione, in quanto coincide con una necessaria passione forte per lo spettacolo, vogliono far sentire la propria voce su questo e tanto altro. La parità di genere ad esempio, "ancora oggi - dice Sermonti - attori e attrici a parità di ruolo e di nome non hanno equità di paga e lo scarto a nostro sapere è intorno al 27, 30%". C'è anche un problema di rappresentazione femminile con un buco tra i 45 e i 65 anni. Il bilancio però è anche positivo: l'intimacy coordinator sui set per aiutare a far sentire protetti gli interpreti in scene intime è un grande passo avanti (anche se ad oggi solo uno è la professionista che fa questo nuovo mestiere), come anche il protocollo firmato con agenti e assistenti al casting per audizioni senza rischi di molestie. Per il welfare del settore, al momento inesistente, ci sarebbero i fondi previdenziali Inps, "oltre 5 miliardi di euro virtuali" che almeno in parte si vorrebbero recuperare.
Conclude Claudia Gerini: "quando ho cominciato da ragazzina tutto questo che stiamo dicendo non era lontanamente contemplato, io sono fiera di far parte di un gruppo di attori che stanno lavorando per il bene delle nuove generazioni di colleghi".
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