Il trentenne Walter Vismara ama
condurre una vita ordinata e senza sorprese: ragioniere
nell'animo prima ancora che di professione, lavora come
contabile in una fabbrichetta di Vigevano. È il protagonista di
Zamora, primo film da regista di Neri Marcorè - dal 14 marzo il
manifesto -, che così commenta nelle note di regia:
"Parafrasando Moretti in Sogni d'oro, "Zamora è il mio film più
bello". Anche perché è l'unico che abbia mai diretto ma mi
auguro davvero non sia l'ultimo, perché è stata un'esperienza
entusiasmante".
In Zamora - che sarà in anteprima al Bif&st il 17 marzo e poi
in sala dal 4 aprile - accade che da un giorno all'altro la
fabbrica chiude e il Vismara (Alberto Paradossi) si ritrova suo
malgrado catapultato in un'azienda avveniristica della vitale e
operosa Milano, al servizio di un imprenditore moderno e
brillante, il cavalier Tosetto (Giovanni Storti). Andrebbe tutto
bene se non fosse che costui ha il pallino del folber (il
football, secondo un neologismo di Gianni Brera) e obbliga tutti
i suoi dipendenti a sfide settimanali scapoli contro ammogliati.
Walter, che considera il calcio uno sport demenziale, si
dichiara portiere solo perché è l'unico ruolo che conosce.
Subisce così lo sfottò dei colleghi; tra questi, l'ingegner
Gusperti (Walter Leonardo) lo ribattezza sarcasticamente
"Zamora", il fenomenale portiere spagnolo degli anni '30. Non
solo quel bauscia lo umilia in campo e lo bullizza in azienda,
ma tra lui e Ada, la segretaria di cui Walter si innamora,
sembra esserci del tenero. Sentendosi umiliato, tradito da una
parte e deriso dall'altra, il ragioniere escogita un piano del
tutto originale per vendicarsi, coinvolgendo un ex-atleta ormai
caduto in disgrazia. Nel calcio, come del resto nella vita,
bisogna imparare a buttarsi e anche se perdi, ciò che conta è
rialzarsi e ripartire più forti di prima.
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