Realizzare un film su Fela Kuti,
icona dell'afrobeat, artista rivoluzionario, attivista contro
corruzione e abusi dei governi militari nigeriani, sostenitore
del panafricanismo, capo spirituale e guida della comune di
Kalakuta a Lagos. È stato il sogno irrealizzato che ha occupato
15 anni di vita del cineasta italiano Michele Avantario (morto
prematuramente nel 2003), sperimentatore e video artista,
diventato amico personale del grande musicista nigeriano,
scomparso nel 1997. Un viaggio artistico e intimo su cui
Avantario ha lasciato un video diario, che prende forma nel
documentario Fela, il mio dio vivente, in arrivo nelle sale
italiane il 21 marzo con Luce Cinecittà.
Il percorso di vita, raccontato in prima persona di
Avantario, e la svolta vissuta grazie all'incontro con Fela Kuti
(a Roma, a metà degli anni '80), rivive attraverso la voce di
Claudio Santamaria. Vicari ha potuto conoscere lo straordinario
materiale (sia video che fotografico, per oltre 20 ore di
girato) lasciato dal filmmaker, grazie alla vedova del cineasta,
Renata Di Leone, produttrice con Giovanni Capalbo del film
attraverso Fabrique e insieme a Luce Cinecittà con Rai Cinema.
"Eravamo partiti dall'idea di realizzare un film su Fela Kuti
- spiega Vicari all'ANSA - ma vedendo le immagini di Michele mi
ha incuriosito il suo modo di riprendere la Nigeria e Lagos. Ho
capito che non voleva fare tanto un film su Fela Kuti quanto
documentare la propria esperienza, utilizzando il video come una
forma di esplorazione. Ci fa un regalo pazzesco, perché si
immerge in quella realtà senza alcun senso di superiorità, senza
nessuna dialettica terzomondista, ma sul piano di un essere
umano che va incontro a un altro, che incontra un mondo e ne
viene attraversato. Si fa conquistare dalla musica e dalla
personalità di Fela Kuti, dal suo modo di concepire i
sentimenti, di comunicare i pensieri".
L'idea di questo documentario (che ha debuttato alla Festa
del Cinema di Roma) "è nata da me perché ho voluto onorare e
ricordare mio marito Michele Avantario - spiega Renata Di Leone
-. Il mio è un gesto d'amore verso Michele perché volevo
riprendere il suo cammino e portare avanti il suo sogno".
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